Cinghiate sul culo

Gianna suono’ il campanello e rimase ad attendere. Secondo le istruzioni di Simone, indossava una gonna di jeans, un paio di scarpette nere e una camicetta bianca. Le era stato concesso di indossare le mutandine, ma non il reggiseno. Le era anche stato concesso di tenere gli occhiali, visto che doveva guidare. Dopo alcuni istanti, quando la porta si apri’, Gianna vide un uomo che non conosceva. Era un individuo tarchiato, quasi completamente calvo, certamente oltre i cinquanta. La ragazza penso’ di avere sbagliato appartamente, ma l’uomo si comporto’ come se la stesse aspettando. -
Avanti, – disse seccamente.
Gianna entro’ nell’appartamento. L’uomo richiuse la porta alle sue spalle, dando due giri di chiave, quindi, senza dir nulla, afferro’ Gianna per i capelli. La ragazza gemette di sorpresa e di dolore
mentre l’uomo la spingeva spalle al muro. – Cosi’, tu sei la cagnetta di mio nipote, – sibilo’, con un ghigno sadico. La mano dell’uomo si poso’ sulle cosce nude di Gianna. Lei tento’ di trattenerlo, ma
l’uomo le sollevo’ a forza la gonna, palpandole le cosce carnose.
– Stai ferma, non opporti, puttana, – le disse, – se non vuoi che ti prenda a cinghiate. Hai capito?
L’uomo la tratteneva ancora per i capelli, e la costrinse a volgere il viso verso di lui. – Hai capito? – ripete’. Gianna annui’ debolmente, mentre la mano dell’uomo scivolava nelle sue mutandine. Gianna fece per volgere il capo, ma strattonandole i capelli lui la costrinse ancora a guardarlo mentre le palpava fra le cosce, e infilava due dita
nella vagina della ragazza. Gianna strinse i pugni, gemendo mentre
l’uomo spingeva brutalmente le dita in profondita’. Lui le lascio’ i
capelli e, senza smettere di spingere le dita dentro di lei, uso’ la
mano libera per palparle le natiche.
Dopo averla toccata a suo piacimento, la afferro’ nuovamente per i
capelli. – Cammina, – le disse, spingendola brutalmente verso il
salotto.
Simone era seduto sul divano, in accappatoio, e la accolse con un
ghigno crudele. – Vedo che hai gia’ conosciuto mio zio Romano, -
disse. – Come avrai immaginato, schiava, dovrai considerare anche lui
come tuo padrone. Potra’ farti tutto quello che vorra’.
Romano spinse Gianna al centro della stanza e la lascio’. – E’ tutto
chiaro, puttana? – le disse Simone. Gianna si asciugo’ le lacrime, e
annui’ debolmente. Romano sorrise al nipote. – Ci sono molti modi per
divertirsi con una grassa maialina come questa, – disse a Simone. -
Voltati verso di me, puttana.
Gianna obbedi’, volgendosi verso l’uomo. Romano le si avvicino’, le
afferro’ la camicetta, e la strappo’, scoprendo i grossi seni della
ragazza. Quindi, le prese i seni nelle mani e li strinse con forza.
Gianna gemette di dolore, ma non oso’ cercare di ritrarsi. -
Scommetto che le piace che le strizzino i seni come si munge una
vacca, – le disse l’uomo. – E scommetto che ha succhiato molti cazzi.
Ti piace succhiare il cazzo, vero puttana? – Il vecchio le manipolava
i seni con movimenti regolari, brutalmente. – S… si’ – mormoro’
Gianna. Sapeva di dover compiacere i propri aguzzini.
– Non devi rispondere solo si, vacca, – le disse lui. Le tolse gli
occhiali e li getto’ su una poltrona. Senza aggiungere nulla, la
colpi’ con un violento ceffone in pieno volto. Gianna gemette per il
bruciante dolore, e inizio’ a piangere. – Vediamo se questo ti fa
venire in mente qualcosa di meglio da dire quando mi rispondi. – La
colpi’ con un altro violento ceffone, un manrovescio sull’altra
guancia. – Ti piace succhiare il cazzo? Dammi una risposta degna di
una troia, questa volta.
Gianna esito’, singhiozzando. – S… si, signore… mi piace
succhiare il cazzo… e farmi… – singhiozzo’ ancora, stringendo
nervosamente i pugni mentre si umiliava suo malgrado – farmi riempire
la bocca di sperma… signore…