Frustate sulla schiena

Capitolo 6

Ritornando alla descrizione delle tappe salienti della mia vita, mi limiterò a osservare che il periodo di sottomissione al Programma di Disciplina Morale terminò al compimento dei 29 anni quando, dopo due anni che già lavoravo (come commesso nel grande magazzino di cui mio padre era il direttore), mi giunse un’offerta della Fiat per un posto da impiegato della direzione Relazioni Esterne
Questa offerta era il frutto di un curriculum che avevo mandato alla Fiat su consiglio di una delle mie colleghe di lavoro (il tutto, ben inteso, di nascosto da mio padre). Beh, i miei non la presero bene … ma proprio per niente. La sera che annunciai di aver ricevuto l’offerta, furioso, mio padre mi ordinò di scrivere alla Fiat dicendo che rifiutavo l’incarico, e poi mi frustò a sangue, scorticandomi letteralmente le natiche a scudisciate. Il giorno dopo, per una combinazione assolutamente fortuita, mia madre parlò con una sua sorella, un’insegnante di liceo che abitava a Torino, e le raccontò del mio “colpo di testa” (come lei lo aveva definito). Inaspettatamente, mia zia le disse che forse un po’ di lavoro duro “sul serio” mi avrebbe fatto bene (la poveretta credeva che, come figlio del direttore, avessi la vita facile ai grandi magazzini … l’illusa!) e si offrì di sistemarmi a Torino presso un collega. Il quale, aveva aggiunto per rassicurare mia madre, mi avrebbe mantenuto sottoposto allo stesso regime disciplinare vigente in casa mia. A questa condizione, i miei finirono per accettare (sebbene sempre molto malvolentieri) l’idea che facessi un’esperienza fuori casa.

Va detto che la guida del collega di mia zia mi mancò quasi subito dal momento che questi, essendo di idee molto liberali e progressiste, smise di castigarmi con lo staffile nel giro di poche settimane e per i restanti tre anni si limitò a frustarmi colla cinghia dei pantaloni. Inutile dire, ovviamente, che in quei tre anni il mio rispetto verso l’autorità andò notevolmente affievolendosi insieme alla disciplina e alla docilità che mi erano state inculcate. Il solo aspetto umiliante delle punizioni consisteva nel ricevere le cinghiate sulla schiena inginocchiato di fronte a lui mentre gli succhiavo l’uccello ben duro finchè mi sborrava sulle gengive. Solo molto raramente, quando riteneva che avessi meritato una punizione esemplare, mi frustava collo staffile e poi, anziché venirmi in bocca mentre lo succhiavo, me lo metteva nel culo.

Furono centinaia di frustate sulla schiena.