Moglie costretta a comportarsi da schiava per punizione

Massimo ne prese un’altra dal frigorifero e la sistemò nuovamente tra le sue mani, aperta. Lei bevve, questa volta più con calma, gustandone il sapore e la sensazione d’incredibile che quella birra le dava. Dopo aver tanto desiderato qualcosa da bere stava ora quasi godendo, il liquido leggermente alcolico che le scendeva nello stomaco la stava riportando alla realtà. Ebbe allora la piena consapevolezza della sua situazione e ricordò quello che aveva appena vissuto. Sentì l’eccitazione montare, crescere in lei, ricordando quello che era appena successo tra loro due a causa del loro nuovo gioco. Non riuscì a terminare di bere, però, Massimo la strattonò con la corda costringendola a sollevare nuovamente le braccia, ma non tirò tanto da costringerla ad alzarsi in piedi. Chiara rimase così in ginocchio con le braccia sopra la testa, la testa appoggiata al destro e le gambe leggermente aperte.
Pareva distratta, nuovamente estraniata dalla realtà e in attesa degli eventi come se questi non la toccassero; in realtà era concentrata nell’assaporare a fondo le sensazioni che provava nella loro pienezza, grazie ai ricordi. Mentre lui le girava intorno, apparentemente indeciso sul da farsi, Chiara lo osservava assente e riviveva la serata precedente: quella del loro arrivo nella baita, quando era iniziato questo gioco che ora la vedeva ai piedi del suo uomo.
Durante il viaggio avevano ripreso un vecchio discorso iniziato tempo prima:

– Ma dai! Non puoi sostenere questo….- disse Massimo mentre, senza staccare gli occhi dalla strada, portava alle labbra una sigaretta.
– Invece si, pensaci! – insisteva Chiara – Il dolore non è poi così diverso dal piacere, sono due sensazioni forti, intense al punto da provocarti una contrazione istintiva dei muscoli, da farti lacrimare, urlare, gemere e ti lasciano spossato alla fine.
– Si … ma continuo a pensare che la differenza ci sia e grande. – ribadì lui.
– Pensa e ricorda cosa provi appena dopo l’orgasmo, se io insisto a stuzzicarti il glande con la lingua tu t’irrigidisci tutto, se solo ti tocco più intensamente mi sfuggi. Come se provassi dolore, ma in realtà godi.
– No ..è diverso, in quel momento la pelle è molto sensibile e ogni minimo tocco viene amplificato al massimo….non è doloroso, è solo troppo intenso .. ecco! – si giustificò Massimo.
– Sarà! Ma quando io ti sono sopra e tu mi stringi forte le natiche, con tutte e due le mani, mi fai male… si male, ma mi ecciti ancora di più. Così come mi fai male se mi stringi intensamente i capezzoli o li mordicchi, non un dolore lancinante ma nemmeno leggero. Eppure mi piace, quella sensazione mi da l’esatta dimensione del mio corpo, amplificandone la sensibilità, e mi consente di apprezzare meglio il piacere che mi dai grazie al contrasto con esso. – disse Chiara.
– Scusa …non sapevo di farti tanto male, non ti sei mai lamentata! Ci starò più attento, giuro! – disse lui, leggermente preoccupato da quella notizia.
– Capisci! Il dolore, se calibrato, mi rende più sensibile al piacere, lo apprezzo di più. – continuò lei senza apparentemente dimostrare di aver sentito le sue parole. – Al limite, il dolore mi eccita, in quanto è una sensazione forte come il piacere. Attenzione, però, un dolore calibrato, blando, quasi inesistente, il minimo necessario per attivare i recettori del mio cervello….. è come quando hai tanta sete e trovi da bere! La sensazione della sete esalta il piacere di bere!
– Hai ragione, ma io sarei disposto a gradire meno la bevanda pur di non dover soffrire la sete!
Però capisco quello che intendi, anche se non ho una grand’affinità con il dolore, in nessuna sua forma.
– A me basta che a tua affinità sia sufficiente a farmelo provare! – sussurrò Chiara, tra sé e sé.
– Cosa? – domandò lui dopo aver captato solo la parte terminale della frase.
– C’è ancora un aspetto da tener presente in questo discorso- continuò lei senza badare alla domanda di Massimo – quando mi stringi forte a te sino a farmi mancare il fiato oppure se mi sollevi di peso per portarmi a letto …mi prendi! Io mi sento in tua totale balia, schiava dei tuoi desideri … una “cosa” tua. Pensa alla penetrazione dal punto di vista femminile: io ti offro il mio corpo che violi entrando in lui. La penetrazione del tuo affarino lì…. dai non fare quella faccia offesa, è un modo di dire … Ok ..diciamo del tuo enorme membro lì, è una vera e propria violazione del mio corpo, tu affondi la tua carne in me, mi trafiggi, mi prendi e poi inizi a muoverti come un forsennato spingendo sempre più a fondo. Se noti bene c’è un leggero sottofondo di violenza in questo.
– Si … ma mica sono stato io a decidere come si fa, gli organi genitali sono sempre stati così … prenditela con il progettista! – si giustificò lui con aria scherzosa.
– E questa forma di violenza a me piace – Chiara continuava a non ascoltare Massimo – mi fa godere sia dal punto di vista fisico che da quello mentale, per tutti i significati intrinseci che ha. Quindi vedi bene che per me accettare una leggera forma di violenza, finalizzata al piacere, è normale. Com’è normale per te essere violento ai fini del piacere. A me piace sentirmi presa da te e in tua balia, mi piace se mi spingi ad essere quella che normalmente non sono e godo nel sentirmi tua. Attenzione, però, a non confondere il concetto di violenza ai fini del piacere con la violenza fine a se stessa. Se tu adesso mi molli una sberla …io ti prendo a cazzotti le palline sino a che non diventi viola …. Ma se tu mi molli una delicata sberla mentre stiamo facendo l’amore, aggiungendo le frasi giuste al tuo gesto, magari la cosa mi eccita ancora di più …. Capisci quello che intendo?
– Temo di si …..
– Temi?
– No, meglio sarebbe dire che ho avuto delle preoccupanti visioni mentre t’ascoltavo…
– Quali visoni?
– Di te legata sul letto a mia completa disposizione ….
– Siiiii!!! – rantolo Chiara. – Continua.
– Niente di particolare, pensavo solo a quello!
– Mi pensavi legata e a tua disposizione … e basta? Nessun’altra fantasia?
Dimmi cosa faresti in un’occasione simile!
– Chiara! Sto guidando, ti prego! Non ….. – disse lui con un finto tono esasperato.
– Ok …. Ne parleremo dopo! – concluse maliziosamente lei.

Dopo, però, non ne parlarono.
Per tutto il resto del viaggio, Massimo era rimasto in silenzio, senza più badare ai tentativi fatti da lei d’introdurre un argomento qualsiasi. Chiara pensava di aver esagerato, di essere stata troppo brutale nel descrivere i suoi ultimi sogni e desideri in campo erotico. Temeva di aver calcato troppo la mano e di aver parlato troppo chiaramente, forse Massimo non era pronto per quel tipo di confessioni e tanto meno pronto a giocare in quel modo con lei. Decise che, una volta raggiunta la loro meta, si sarebbe preoccupata di smitizzare le parole dette in macchina in modo da rassicurare il suo uomo; in fondo, se lui non era attratto dal tipo di giochi, non poteva certo forzarlo; ci sono cose che nascono spontanee in una coppia per unirla ancora di più e cose che se imposte la disgregano. Chiara sapeva che il concetto d’intercambiabilità tra piacere e dolore non era facilmente assimilabile da un maschio come Massimo.
Dovette ricredersi appena entrata in baita, l’ambiente più accogliente del previsto la mise subito di buon umore facendole dimenticare le apprensioni di prima. Scaricati i bagagli decise di farsi subito una doccia per lavare via la stanchezza dovuta al caldo sofferto durante il viaggio. Massimo si dichiarò disposto a terminare il lavoro di sistemazione delle provviste e la incitò a rinfrescarsi, ricordandole che era finalmente in ferie. Chiara scovò il bagno proprio dove si aspettava che fosse, rimase stupita dalla pulizia e dalla modernità di quella stanza, evidentemente la baita era tale solo nell’aspetto esterno. Si spogliò lasciando i vestiti sul pavimento, quindi aprì l’acqua regolandola ad una temperatura che lei definiva “estiva”: né troppo calda né troppo fredda. Lasciò scorrere a lungo l’acqua sul suo corpo in modo lasciandosi massaggiare dal getto diretto sulle spalle e sul petto; aveva gli occhi chiusi per la concentrazione e non si accorse della mano di Massimo che, furtiva, s’intrufolava tra la tenda e il muro. All’improvviso il suo stato d’assoluto godimento fu interrotto dal repentino crollo della temperatura, un getto freddissimo la investì sul seno per allargarsi sul ventre e gelare tutta la parte frontale del suo corpo. Chiara cercò a tentoni la manopola di regolazione, ma prima di riuscire a raggiungerla l’acqua divenne caldissima. Con una reazione violenta si sottrasse al getto e aprì gli occhi: Massimo era lì, tra la tenda e la parete, che la guardava con un’espressione strana sul viso, a metà tra il divertito e l’eccitato.

– Non eri tu a sostenere che una piccola dose di dolore può essere piacevole e stimolare i sensi? – disse lui con un tono più vicino all’affermazione che alla domanda.

Chiara lo guardò stupita, tutti i suoi timori sullo stato d’animo di Massimo svanirono in quell’istante. Dolcemente si riavvicinò al getto d’acqua fissandolo negli occhi, quindi prese la sua mano e la pose sopra la manopola di regolazione della temperatura.

– Fammi quello che vuoi! – disse, a questo punto, lei con una voce caldissima.

Massimo allungò la mano verso il suo seno e lo sfiorò salendo verso la doccia, estrasse la lancia dal suo supporto e diresse il getto sulla sua schiena. Alzò la temperatura sino ad un livello molto alto ma non insopportabile, lasciò che l’acqua le scaldasse per bene la schiena e i glutei, usava il getto come un’estensione delle sue mani, dirigendolo laddove sapeva che lei gradiva di più le carezze. La massaggiò a lungo in questo modo studiando allo stesso tempo la sua espressione. Quando la vide completamente concentrata nell’assaporare quella carezza spostò il getto sul ventre, regolando al contempo la temperatura al minimo. Chiara sentì il gelo prendere possesso del suo corpo e si ritrasse istintivamente contro l’angolo della parete precludendosi ogni via di fuga.

Un improvvisa pressione dell’abito sulla schiena e il rumore della stoffa lacerata la riportarono alla realtà, lì in quella saletta, in ginocchio e legata al trave che aveva sopra la testa. Massimo le stava aprendo il leggero vestito con una violenza inusuale per lui sempre così tenero e formale anche a letto. Chiara aprì gli occhi per studiare l’espressione del suo uomo e quello che vide la preoccupò: lui fissava unicamente il suo corpo nei dettagli senza mai alzare lo sguardo verso il suo, come se ad interessarlo fosse solo quello e non la donna che ci stava dentro. Chiara pensò di aver liberato un aspetto nascosto di lui con i suoi discorsi, vedeva di fronte a se un uomo che stentava a riconoscere; ma soprattutto vedeva il coltello da cucina che teneva in mano e questo la inquietava sul serio. Massimo si era sempre tenuto a distanza dai coltelli anche quando l’aiutava in cucina adducendo la sua scarsa manualità come motivazione: temeva di ferirsi a causa di un uso maldestro. Ora, però, stava impugnando quella lama con una sicurezza e una spavalderia quasi irreale.

– Cosa vuoi fare … con quel coltello? – domandò lei allarmata.
– Ora lo vedrai! – rispose enigmatico Massimo.

Dopo di che si portò alle sue spalle ed iniziò a tagliare le spalline del vestito in modo da spogliarla del tutto. Finì la sua opera con calma e metodo, tagliando ogni lembo di stoffa che legava il vestito a lei. Quando ebbe terminato iniziò ad accarezzarle la schiena, lentamente e con una dolcezza in netto contrasto con la violenza di prima e questo la rassicurò sulle sue intenzioni. Più tranquilla si lasciò prendere da quelle coccole e si abbandonò ai loro silenziosi ordini. Le mani di lui scendevano dalle spalle sino al limite dettato dalle natiche e, senza mai superarlo, risalivano verso il collo con leggere deviazioni verso il seno. Massimo continuò in questo modo, scendendo ogni volta un po’ più verso il basso sino a quando si trovò a sfiorare il pube di Chiara. Lei si apriva alle sue mani divaricando le gambe per quanto le era possibile; le mani legate in alto non le consentivano di scendere più di tanto con il resto del corpo. Quella situazione la stava eccitando come non mai, lui l’aveva legata in modo da bloccare la maggior parte dei suoi movimenti ma non tanto da impedirle di aprirsi a lui. Il dolore che sentiva provenire dalle spalle e da polsi non disturbavano la sua eccitazione, anzi per quanto possibile l’acuivano grazie al valore simbolico di quella situazione. Si sentiva completamente in sua balia, schiavizzata dalla libidine del suo uomo, disponibile ad essere usata da lui; si sentiva, in poche parole, sua.
Massimo si spingeva sempre più vicino alle zone sensibili di Chiara con le sue carezze, sfiorando il pube ne percepì l’umido calore segno di quanto fosse ormai eccitata, ma ebbe una sorpresa.

– Ma …! Ti sei depilata! – affermò lui, stupito.
– Si, pensavo di piacerti di più così, ho sbagliato? – rispose lei con la voce impastata dal piacere e dal dolore.
– Certo che mi piaci, ma volevo farlo io adesso … ma quando lo hai fatto?
– Subito dopo la doccia, mi avevi lasciato troppo eccitata con i tuoi giochetti d’acqua e …..sono quasi venuta mentre mi radevo lì!
– Appena fatto? Allora la pelle è ancora molto sensibile, immagino! – domandò lui malizioso.
– Si … brucia anche un po’! – ammise Chiara.
– Sei stata cattiva a farlo da sola … i hai negato il piacere di essere io il tuo “barbiere”…..!
– Scusami … non pensavo che la cosa ti attirasse! – si giustificò lei con la testa bassa.

Grandi labbra allargate con mollette

Si scosto’ nuovamente, e prese un’altra manciata di otto mollette. Diversamente dalle altre, queste mollette erano state preparate a coppie, due mollette unite da un forte, corto elastico. Romano prese le grandi labbra di Gianna fra il pollice e l’indice, tirandole brutalmente, e applicandovi una molletta di ciascun paio. Gianna lancio’ un gemito, mordendosi le labbra per sopportare il dolore. Romano quindi applico’ un’altra molletta a ciascun labbro della vagina di Gianna. Dal sesso della ragazza ora pendevano quattro elastici, ciascuno con una molletta ancora inutilizzata all’estremita’. Con calma crudele, Romano applico’ tali mollette ai bordi delle autoreggenti di Gianna, una per una. Gli elastici erano sufficientemente corti e forti da tirare con decisione le grandi labbra di Gianna verso l’esterno. Quando tutte le mollette furono sistemate, Romano colpi’ la fanciulla con una violenta pacca sulle natiche nude.
- Spalanca le cosce, adesso, – disse.
Gianna obbedi’, allargando le gambe. Le mollette tiravano crudelmente le grandi labbra, e ancora una volta dovette mordersi le labbra per trattenere un lamento. Romano si avvicino’ per osservare quello spettacolo sensuale. Il clitoride di Gianna era completamente scoperto, e lui lo lecco’ con calma, facendola rabbrividire.
- Ti sto facendo molto male alla fica, vero? – le chiese, stuzzicandola mentre la leccava.
- Si… signore, – pianse lei.
Romano sorrise e diede tre violenti pacche sul sesso aperto della ragazza, facendola sussultare per l’improvviso dolore. Quindi, prese nuovamente il righello. Prima di colpirla, si sposto’ accanto al volto della fanciulla, mostrandole l’oggetto. – Ora questo punira’ la tua grassa ficona, puttana, – le disse. – Leccalo per dimostrarmi la tua gratitudine per il dolore che sto per infliggerti. Leccalo con amore troia, meglio di come lecchi il cazzo al tuo fidanzato.