Frustino severo sulle natiche della schiava

Lei era lì.
La vedevo nella penombra della stanza, illuminata solo dalle fiamme delle candele, che sapevo piacerle da morire.
I disegni cangianti che la luce vibrante disegna sui corpi, la sensualità della carne illuminata appena, accendeva in me un desiderio nuovo, diverso dal solito.
Lei vibrava, fremeva in attesa di essere toccata, baciata ed io, per aumentare il piacere, non facevo nulla, la ammiravo soltanto.
Ci eravamo conosciuti ad una festa di compleanno e dopo varie peripezie avevamo deciso di unire le nostre strade; avevamo già fatto l’amore diverse volte, ma da qualche settimana lei era cambiata, più sensuale, più erotizzante.
Aveva iniziato a curare piccoli dettagli del suo corpo a cui prima non badava; sottigliezze, se vogliamo dirla tutta, come lo smalto sulle unghie ora lasciate crescere, graffianti, come quelle di una tigre, nuovi gioielli sapientemente indossati con noncuranza.
E quella seduzione sottile, che solo le donne sanno mettere in atto, buttata lì con indifferenza, fra un discorso ed un altro.
Un’occhiata, un gesto, una parola: quanto basta per divenire pazzi di passione, come quella sera.
Era incominciato con le sue innocenti parole, come sempre: “Sai, ho acquistato della nuova biancheria, ti devo far vedere come mi sta. . . . ” Allora esordisco con una nuova tesi, confezionata per l’occasione, e dico: “ Secondo me la biancheria intima deve essere guardata in penombra, per ricreare il più possibile le condizioni ideali. . . ” Attendo la sua risposta, temendo un “ ma finiscila, chi lo dice, io vado a misurarmela, tu fai quello che vuoi. . . ” Invece: “Va bene, pensaci tu. . . . . ”, detto con una voce già carica di passione, e scompare, lasciandomi alle prese con accendino e stoppini.
Mi ustiono un dito mentre sento, ovattati, i rumori di lei che si prepara; il suono della collana sfilata in mezzo alle altre, il soffiare sommesso del profumo. Sono tentato di andare a curiosare, ma non voglio rovinarmi la sorpresa, e poi gli occhi non si sono ancora abituati all’oscurità e rischio di scontrarmi con qualcosa.
La aspetto seduto, sul divano.
Lei si fa attendere, crudele, anche se so che è già pronta; attende che io faccia partire la musica, vuole che tutto sia perfetto.
Eccola.
Ne intravedo la sagoma sulla porta, ma ancora non riesco a metterla a fuoco; si avvicina, a piedi scalzi, a passi leggeri, verso il centro della stanza, per farsi guardare.
Indossa un baby-doll nero, trasparente, e basta. Mi alzo; sento il suo profumo, che sulla sua pelle si modifica, divenendo ancora più buono.
Una volta vicino a lei, la faccio voltare, e con delicatezza, la faccio chinare sul tavolo, ammirando il suo posteriore, la sua fichetta depilata.
Il tavolo è troppo alto, ed è costretta a rimanere in punta di piedi per poggiarvi sopra, stupendamente in tensione.
Magicamente, dal nulla, appare un frustino nella mia mano.
Lei non mi può vedere, attende che io faccia qualcosa; inizio a passarglielo piano sulle natiche, sulla schiena, sulla fichetta.
Inizia a muoversi, per farsi passare il frustino dove vuole, ma non ha ancora capito che cosa sto usando.
Ancora qualche movimento e poi, una piccola sosta; Un sibilo fende l’aria e lo schiocco colpisce il suo culo, forte; rimane senza fiato per il dolore e lo stupore, tutti i muscoli si tendono, stringe il bordo del tavolo con tutte le sue forze.
Il gioco continua.
Un po’ di carezze, e poi, quando non la aspetta, la staffilata.
Ad ogni colpo, gode di più, io mi avvicino sempre di più alla fica con i miei colpi ritmati, fino a colpirla, più piano, proprio lì.
Lei si agita come per evitare i colpi, ma invece li asseconda, si sposta per farsi colpire dove più le piace.
Ma io, da vero carnefice smetto.
La faccio alzare dal tavolo e la faccio distendere sopra.
Una fune fa capolino da una sedia; passo dietro di lei e le lego le mani a due sedie.
Completata l’opera mi sposto e la guardo.
Distesa sul tavolo, con la testa reclinata all’indietro, legata con le braccia aperte, sta a gambe larghe per offrirla ai miei colpi, il seno florido che si alza e si abbassa seguendo il suo respiro affannato.
Mi avvicino ed il frustino passa delicatamente sui seni, sulla pancia, sul collo; un colpo violento sui capezzoli e poi la mia bocca, che li succhia per lenire il dolore.
Lo stesso per la sua fica, dove bacio il suo bottoncino rosa, dove lecco il suo sapore.
Sento il calore prodotto dai colpi, ne godo e sento che lei fa altrettanto; allora mi alzo e, senza farmi sentire, mi avvicino alla sua testa.
La afferro per i capelli, le apro la bocca ed infilo il mio cazzo fra le sue labbra calde.
Lei si agita un po’, vorrebbe che continuassi a giocare con il suo corpo, ma capisce che non ho intenzione di toglierlo dalla sua bocca.
Inizia a succhiarlo, magistralmente come solo lei sa fare, muovendogli la lingua intorno, mentre io la spingo sempre più a fondo per capelli.
Sto scopando la sua bocca; la tengo ferma, mi muovo ritmicamente, sento la sua lingua quando arrivo in fondo.
Prendo il frustino e la colpisco sui capezzoli, sulla fica; ad ogni colpo lei stringe le labbra, mugolando di piacere.
Decido che può bastare, e mi sfilo da lei.
”cosa vuoi? ” le sussurro in un orecchio, “cosa vuoi che ti faccia ora? ” “ Scopami, mettimelo dentro, non ne posso più. . . ” Salgo sul tavolo, avvicino la punta del cazzo alla sua fica, e poi lo tolgo; lei non sopporta più il gioco, sento che smania per averlo dentro e, con un colpo di reni, si proietta verso di me e se lo infila tutto, di colpo, con un sospiro enorme.
Affondo come un matto, colpendola con il frustino sul culo, torturandole i capezzoli, facendola urlare di piacere; ad un certo punto mi sfilo, e lei protesta a viva voce, anche se ha già capito dove voglio andare.
Appoggio la punta vicino al buchetto del suo culo, già bagnato dal sudore e dagli umori della sua fica, ed in un colpo sono dentro, strappandole un grido di vero dolore questa volta.
Ma è subito piacere, il suo buco mi stringe quasi dolorosamente ogni volta che il frustino schiocca, sento che ormai il mio momento è prossimo.
Spingo ancora, fino a far toccare il mio pube contro le sue natiche e le torturo il clitoride con le dita, sentendo il suo orgasmo avvicinarsi.
Ed eccolo violento, selvaggio, da lasciarla senza fiato, si agita massacrandosi i polsi con la fune, e stringe fino allo spasimo il suo buco, fino a farmi venire.
Mi sfilo, le salgo a cavalcioni ed in mio piacere le inonda i seni, il collo, la pancia.
La libero dalle funi, e mi distendo accanto a lei.
”È stato magnifico” le dico.
”dobbiamo rifarlo” mi dice lei alzandosi e scomparendo dalla stanza, lasciandomi solo ad architettare nuovi giochi.

Inculata senza preservativo

L’uomo lascio’ che lei lo servisse, e intanto si sfilo’ la camicia.
Mentre lei succhiava, carponi sul letto, si chino’ in avanti per
palparle le natiche. Quindi, – sdraiata, adesso, – le ordino’, – e’ il
momento di usare la tua fica.
Gianna, obbediente, si sdraio’ supina. – Mostrami la tua fica ben
aperta, Gianna, e aprila con le mani per me.
La ragazza divarico’ obbediente le cosce, e, vincendo il proprio
pudore, si prese le grandi labbra, aprendole. Romano ghigno’
compiaciuto. – Quello che vedo e’ molto invitante, puttana, ma
ricordati che ho qui la cinghia pronta per te, – disse. – Sarebbe
molto eccitante prendere a cinghiate questa bella fichetta. Quindi
cerca di comportarti molto bene, adesso. Lo prenderai e lo prenderai
come si ti piacesse molto. Se penso che tu non stia facendo del tuo
meglio per compiacermi, lo tirero’ fuori subito e ti frustero’ la fica
fino a farti urlare di dolore.
Detto questo, l’uomo si sposto’ sul letto e, senza aggiungere nulla,
affondo’ il membro nella fessura che Gianna gli offriva. Gianna
gemette e inizio’ a rispondere alle spinte animalesche dell’uomo,
muovendo il bacino per permettergli di penetrarla piu’ a fondo. Per
farlo eccitare, mugolava di piacere, mentre nuove lacrime le rigavano
il volto. Romano palpava il giovane corpo della sua vittima, spingendo
sempre piu’ a fondo. Gianna senti’ la mano dell’uomo introdursi fra
le sue natiche, il dito dell’uomo stuzzicare il suo ano, e poi
penetrarlo. Gemette, cercando di rilassarsi per accettarlo nel modo
meno doloroso.
– Culona, – disse Romano, – Usa la bocca.
Gianna inizio’ a leccarle il collo dell’uomo, a baciarlo, a
rispondere ai baci di Romano con la lingua, mentre lui le introduceva
tutto il dito nello sfintere.
Romano continuo’ a scoparla in quel modo finche’ non fu vicino
all’orgasmo. Quindi, lo sfilo’, e si sposto’ a cavallo di Gianna,
portando il membro all’altezza dello splendido seno di lei. – Sono
certo che sai cosa voglio, – disse, – lo hai sicuramente fatto a tutti
i tuoi ragazzi. Datti da fare.
Gianna annui’, umiliata, e accetto’ il membro di Romano fra i seni.
Con le mani, strinse i seni attorno al membro dell’uomo, che inizio’ a
scoparli. Mentre faceva cio’, offri’ a Gianna il dito che le aveva
infilato nell’ano, costringendola a succhiarlo. Gianna accetto’ quel
ripugnante dovere mentre lui si godeva quel morbido, voluminoso seno.
Finalmente, Romano senti’ che stava venendo, e afferro’ Gianna per i
capelli, costringendola ad abbassare il volto verso il proprio membro,
affinche’ gli abbondanti e numerosi schizzi del suo sperma la
colpissero in pieno viso. – Apri la bocca, – le ordino’. Gianna
obbedi’, ricevendo diversi getti di sperma in bocca, e inghiottendo
per compiacere il suo tormentatore.
Quando Romano ebbe finito, si ripuli’ il membro sul pelo della vagina
della studentessa, scese dal letto, e fini’ di pulirselo nei capelli
di lei. Per pulirsi il dito che le aveva infilato nell’ano lo
introdusse prima nella vagina di Gianna, e poi lo strofino’ sul seno
della fanciulla. Terminato di ripulirsi, indico’ a Gianna il bagno.
– Puoi andare a lavarti. Lavati tutti i buchi. Quando uscirai dal
bagno, ci sara’ mio nipote qui, e sara’ il suo turno di usarti.
Gianna annui’ – Si… signore – mormoro’.
– Noi comunque ci rivedremo presto. Simone andra’ all’estero per due
settimane, e in questo periodo, ha stabilito che tu venga a trovarmi
tutti i giorni. E’ chiaro?
– Ma… io devo studiare… – mormoro’ lei.
Romano scosse il capo. Senza dir nulla, prese la cinghia che aveva
appoggiato per terra. Gianna rabbrividi’. – Cosa… no… – gemette.
- Te la sei cercata, – disse Romano. – Non voglio mai sentir parlare
dei tuoi problemi personali. Per questa volta, ti frustero’ sul culo.
La prossima volta sara’ la tua fica a pagare le conseguenze della tua
mancanza di rispetto. Girati, offrimi il culo.
Gianna si mise in ginocchio. – La… supplico… abbia pieta’…. -
disse, piangendo.
– Voglio vedere il tuo grosso culo pronto per la cinghia entro dieci
secondi, – disse Romano, – o ti frustero’ sulla fica.
Gianna smise di resistere. Singhiozzando, si mise in ginocchio, e si
piego’ in avanti, appoggiando il viso al letto. Le sue natiche, piene
e rotonde, erano di fronte a Romano. L’uomo brandi’ la cinghia e
inizio’ a colpirla con violenza. A ogni frustata, Gianna gemeva di
dolore, stringeva i pugni. La cinghia lasciava strisce rosse sulla sua
pelle delicata. Romano le inflisse dieci cinghiate.
– Pensi di avere imparato la lezione, puttana?
– S… si… signore… mi perdoni… – pianse lei.
– Vatti a lavare.
L’uomo aspetto’ che Gianna andasse nel bagno, e si rivesti’, uscendo 
dalla stanza.