Mistress trasforma il proprio marito in un Master e si sottomette alle sue voglie

Chiara perse di vista Massimo. Le sue mani erano sparite e non percepiva più la sua presenza dietro di lei. Rimase in attesa con la testa bassa, timorosa di aver contribuito a rompere l’incanto che si era creato tra di loro. All’improvviso fiutò il profumo del suo uomo e capì che lui era tornato, stava per ripetere le sue scuse quando percepì un tocco delicato sulla vagina, come se lui ne stesse seguendo il contorno con le dita della mano. Un dolore bruciante esplose improvviso sulla parte di pelle appena depilata, Massimo la stava sfiorando con le mani imbevute del suo dopobarba; non trattenne l’urlo dovuto più alla sorpresa che al reale dolore. Chiara sentiva la necessità di appoggiare una sua mano sulla parte infuocata o quanto meno desiderava bagnarla in modo da trarre sollievo, ma era legata. Nello stato i cui si trovava quasi non capì le parole di lui che la incitavano ad urlare, a sfogare in quel modo il dolore, tanto non poteva fare altro. Il bruciore invece che diminuire si espandeva su una zona sempre più ampia. Pensava d’impazzire per il dolore, non tanto per la sua intensità ma per la sua costante presenza, quando l’acqua della brocca versata sul suo ventre colò lentamente sulla zona genitale concedendole sollievo. La brusca fine del dolore fu recepita da Chiara come un piacere intenso, tanto forte da farla gemere. Stava ancora ansimando quando sentì nuovamente le mani di Massimo scorrere sul suo corpo, un massaggio delicato, del tutto in contrasto con la situazione del momento ma in grado di portare la sua eccitazione oltre ogni limite mai raggiunto. Chiara aprì ancora di più le gambe come per invitarlo a stimolarla lì dove voleva lei. Da quando avevano iniziato quel gioco non aveva ancora avuto il piacere di godere di un orgasmo, Massimo l’aveva sempre accarezzata nei punti giusti, facendola impazzire dal desiderio, ma si era rifiutato di prenderla nonostante i suoi silenziosi inviti.
Lui fece scivolare una mano da dietro le natiche di Chiara raggiungendo la vagina, ne separò le labbra e scorrendo tra di loro per stimolarla ne valutò anche l’eccitazione, soddisfatto da quello che sentiva allungò l’altra mano verso il secchiello del ghiaccio che aveva preparato precedentemente. Rovistò al suo interno, attento a non generare dei rumori tali da consentire a lei di capire cosa stesse facendo, e n’estrasse il porta sigari d’alluminio che lei stessa gli aveva regalato per il suo compleanno. Stimolandola la costringeva ad aprire sempre di più le gambe e mentre le sue dita scorrevano sul clitoride spingeva il pollice dentro di lei. Chiara ansimava ad ogni intrusione e si apriva come poteva a quella mano, voleva dimostrargli che poteva entrare qualcosa di più importante di un pollice nel suo ventre, nella speranza che lui si decidesse a testare quanto lei, silenziosamente, affermava. Massimo spostò la mano in modo da spingere il medio, subito affiancato dall’indice all’interno di Chiara, strappandole un forte sospiro di piacere seguito da un lunghissimo gemito, quindi le estrasse di colpo facendola sobbalzare e grugnire dal disappunto. Prestando molta attenzione a non toccarla in nessun’altra parte del corpo avvicinò il cilindro d’alluminio all’ingresso, divaricò ancora di più le labbra per spingerlo in lei. Chiara si sentì penetrare da un oggetto più consistente delle due dita di prima ma gelato. Il netto contrasto tra il calore interno e il freddo metallo acuiva la sua percezione spingendola a ritenere enorme l’oggetto che stava entrando. Contrasse di riflesso i muscoli del bacino portando le pareti interne della vagina a stretto contatto con l’oggetto mentre Massimo spingeva, si sentiva aprire da una cosa talmente estranea e sconosciuta da generare in lei un piacere più mentale che fisico.
La fantasia correva, quella non le era mai mancata. Non poteva vedere Massimo alle sue spalle e tutto quello che riusciva a scorgere erano il trave di legno annerito dal tempo a cui era legata. Il camino con i resti bruciacchiati di un antico focolare, il pavimento di pietra grezza la portavano indietro nel tempo. In un tempo in cui era facile essere sottoposti a delle sevizie indirizzate a strappare la verità. Nella sua mente si formò l’immagine di un antico tribunale inquisitorio, di tre frati che compiti e dallo sguardo sicuro e impietoso la stavano osservando al di là del tavolo della cucina, improvvisamente diventato pieno di antichi e polverosi libri dove in un angolo, il notaio con la faccia di suo marito stava prendendo nota delle sue confessioni. La tortura continuava e l’irritazione dovuta al dopobarba sulla pelle appena rasata diveniva una bruciatura da ferro rovente, lo stesso ferro con cui ora il boia la stava penetrando. Rivide mentalmente il sabba lascivo a cui aveva partecipato la notte precedente, le danze intorno al fuoco nuda come le sue colleghe streghe. Sentiva perfettamente il contatto dei piedi sull’erba umida di rugiada e il calore del fuoco sulla pelle. Nelle sue orecchie risuonavano le invocazioni, a lungo ripetute, a favore del maligno e fremeva al ricordo di quello che era seguito al rito: la grande orgia con le sue compagne, un incoerente insieme di corpi femminili intrecciati tra di loro, risentiva le mani, le lingue, gli oggetti che, a vicenda, si spingevano nel ventre. Ora era lì, alla completa merce di quei tipi che tentavano di strapparle una confessione ed un conseguente pentimento, e la torturavano invano non sapendo che lei amava quel tipo di dolore, che lei godeva della sofferenza. Più il boia spingeva dentro di lei il ferro, lo strumento di tortura, più lei godeva.
Un urlo interruppe il suo sogno ad occhi aperti riportandola alla realtà, le ci volle un attimo per capire che era lei ad urlare di piacere, quindi si lasciò andare completamente all’orgasmo. Mentre sognava Massimo non aveva smesso un istante di penetrarla con il portasigari e di stimolarle il clitoride con l’altra mano. Chiara era giunta all’apice del piacere senza rendersene conto, si lasciò cadere rimanendo appesa per i polsi mente l’orgasmo scemava.
Pesava che tutto fosse finito lì, che ora lui l’avrebbe slegata e portata nel letto a riposare, invece sentì qualcosa tra le gambe e abbassando lo sguardo vide i piedi di suo marito che avanzavano sotto di lei. Non capiva le sue intenzioni e si domandava cosa volesse ancora, solo quando vide la peluria dei testicoli affacciarsi sotto il pube intuì le sue intenzioni. La conferma arrivò nell’attimo che sentì chiaramente il membro, durissimo e caldo dall’eccitazione, di Massimo iniziare a farsi strada in lei. Quella nuova presenza anatomicamente perfetta, più importante del portasigari e decisamente più calda, le generò dei nuovi brividi di piacere. Nella posizione in cui le corde la costringevano non poteva scendere sino a contatto con il bacino di suo marito, quindi la penetrazione era limita e governata dalle spinte di lui. Chiara si predispose come poteva per accoglierlo al meglio delle sue possibilità e restò praticamente ferma in attesa. Massimo si era bloccato per un lungo istante, rapito dall’inconsueto spettacolo dei glutei di sua moglie: le braccia trattenute dalla corda in alto plasmavano la schiena e la vita portandole ad assumere una forma tendente alla perfezione, i glutei sollevati a pochi centimetri dal suo bacino, ma con i muscoli rilassati non tesi per mantenere sollevato il corpo di Chiara, si modellavano in quel modo unico che lui non aveva mai potuto osservare per più di qualche brevissimo istante. Le piaceva il corpo di sua moglie e per tutto il tempo passato a stuzzicarla con quelle leggere torture l’aveva studiato e ammirato nei suoi dettagli, eccitandosi ogni volta che lo sfiorava e pregustandosi il finale che già dall’inizio aveva in mente. Sapeva che lei avrebbe tentato di tutto per riuscire a farlo affondare nel suo ventre sino ai testicoli, per quello l’aveva legata in modo che ciò le fosse impossibile.
Un repentino movimento d’anche di Chiara lo risvegliò dal suo torpore, lei stava chiedendo di più e lui era lì per quello. Spinse in alto il bacino penetrandola a fondo, poi ridiscese lentamente accompagnato dai gemiti di lei. Continuò in quel modo sino a quando i movimenti accondiscendenti di sua moglie divennero scoordinati, segno evidente del crescente piacere di lei, nuovamente pronta a godere di un orgasmo esplosivo. A questo punto Massimo rimase fermo, mantenendo il pene per metà dentro e lasciò a lei il compito di cercare il reciproco piacere. In quella posizione le mosse di Chiara risultavano micidiali. Lei era insoddisfatta, lo voleva tutto dentro ma non riusciva a scendere di più. Si sforzava, stringeva le natiche, allargava al massimo le gambe, contraeva il bacino e muoveva le anche per invogliarlo a spingere. Tutti questi movimenti la facevano al contempo godere; pur mancando la sensazione di essere piena il desiderio si sentirlo in fondo la eccitava e faceva montare il suo piacere. Non le ci volle molto per raggiungere nuovamente l’orgasmo. Al suo urlo liberatorio, Massimo riprese a spingere in alto il membro, sapeva quanto le piacesse sentirlo tutto mentre veniva. Chiara, finalmente lo sentì sino in fondo. Quella soddisfazione cercata per buona parte del rapporto incremento il suo piacere, non si preoccupò di seguire le sue spinte ma si mosse guidata dalle lunge e lente ondate del suo orgasmo. Ad un certo punto sentì Massimo irrigidirsi e scendere giù, capì che era il suo momento, allora rallentò il ritmo per cercare di allungargli il piacere. Quando lo percepì pulsare si mosse ancora più lenta, contraendo ancora di più i muscoli pubici, generando all’interno della vagina un leggero risucchio che fece finalmente urlare anche lui.
Quando lui uscì da lei con grande circospezione, Chiara si abbandonò di peso sulla corda, era distrutta e non riusciva più a reggere quella posizione. Massimo la slegò accompagnando le sue braccia sin giù, poiché lei non aveva più la forza di trattenere la loro caduta; le liberò anche i polsi e notò che la sottile striscia di cuoio interposta tra la corda e la pelle aveva evitato il formarsi degli amatomi. Chiara rimase in ginocchio, troppo stanca per alzarsi, allora lui la prese di peso per depositarla sul piccolo divano, quindi, dopo essersi sistemato al suo fianco, la coprì con una coperta.
Rimasero abbracciati sino a tarda ora, semi addormentati e languidi. Quando Chiara aprì gli occhi vide quelli di suo marito che la fissavano con un aria dolcissima. Quasi non riusciva a credere che lui fosse stato in grado di giocare in quel modo con lei, lo credeva un po’ bigotto, legato agli aspetti più classici del sesso e privo di certe fantasie. Era, invece, bastato stuzzicarlo, dargli il via, dimostragli di gradire certe attenzioni per vederlo trasformarsi in un perfetto amante. Quello che l’aveva stupita di più era stato il profondo rispetto che sentiva in lui nei suoi confronti anche mentre la torturava e usava come meglio credeva il suo corpo, lui aveva sempre e comunque cercato il suo piacere prima del proprio.

schiava pulisce il cazzo con la lingua

Guardando nello specchio, Gianna lascio’ scivolare la lingua tutto
attorno al membro, come una bambina golosa. Alberto prese il proprio
membro e lo sollevo’, e Gianna prese a leccargli lo scroto. Lui la
lascio’ fare, poi le offri’ nuovamente il membro da leccare, e infine
glielo rimise in bocca, ricominciando a prenderla a fondo. Dovette
scopare la bocca della  molto a lungo prima di riuscire a
raggiungere il terzo orgasmo. Quando senti’ che stava venendo, sfilo’
il membro e lo diresse verso lo specchio, schizzando sulla sua
superficie. Prese Gianna per i capelli, e la spinse verso lo
specchio.
Lei lascio’ che Alberto le facesse cio’ che voleva. Lui la costrinse a
strofinare le guance sulle tracce del suo sperma, a lungo, e poi a
leccarlo. Quando lo specchio fu pulito, le mise il membro in bocca
un’ultima volta. Gianna lo puli’ delicatamente con la lingua,
inghiottendo le ultime gocce di seme che colavano dalla punta del pene
di Alberto.
Soddisfatto, il fratello di Gianna si riallaccio’ i pantaloni con
calma. – Luca sara’ qui a momenti, – le disse, – devi sbrigarti.
Gianna si alzo’, dirigendosi al bagno. Lui la segui’. Mentre Gianna
si lavava il volto, lui la guardava con un sorriso soddisfatto. -
Niente reggiseno, comunque, vacca. Voglio che accogli il tuo fidanzato. Inoltre, non devi lavarti la fica. Ti concedo di pulirtela
meglio che puoi con le mutandine, e poi di cambiartele. Niente di
piu’.
Gianna annui’, sottomettendosi al volere del padrone. Come le era
successo con il Marchi, la sensazione di essere assogettata da Alberto 
in parte la spaventava, e la disgustava, e in parte la faceva sentire
 sicura. Ed eccitata. Il fatto che Alberto fosse venuto tre volte per
 lei, anche questo la eccitava. Mentre si lavava il viso, china in
avanti sul lavandino, si trovo’ a desiderare che lui la prendesse da
dietro.