famiglia al completo torturata e violentata da rapinatori

Quella sera, la signora Loredana stava cenando con il proprio marito Antonio, il figlio Angelo e la figlia Elena.
Era domenica e la famiglia si era riposata dopo la settimana di lavoro per i genitori e di studio per i figli (entrambi frequentano l’università).
Loredana lavora come impiegata in una grande industria: nel suo ufficio è nota per la notevole bellezza e l’abitudine un po’ sbarazzina di portare spesso abiti provocanti: famose le sue minigonne che attirano gli sguardi dei colleghi ogni volta che si siede.

Una vecchia BMW di colore grigio si fermò davanti alla loro casa: a bordo, c’erano quattro ragazzi: erano ultrà della locale squadra di calcio – in realtà teppisti travestiti da sportivi che ricoprivano con i colori della squadra la loro voglia di violenza. I quattro avevano notato dalla strada, attraverso la finestra aperta, la famiglia seduta a tavola. Il capo del branco parcheggiò la macchina nei pressi della casa e, in un attimo, ideò un piano per passare alcune ore “divertendosi” con quella povera gente. I quattro si introdussero nel giardino della casa e si avvicinarono, di nascosto, all’abitazione; era primavera inoltrata e la porta era aperta. Senza farsi notare, entrarono nel salotto e da lì passarono nella sala da pranzo:
“Buona sera, che bella famigliola; non urlate e non fate sciocchezze e forse salverete la pelle”, disse il capo.

Con la minaccia di una pistola, li portarono nel salotto e li costrinsero a farsi legare.

Antonio pensò ad una rapina, la stessa cosa era accaduta alcuni giorni prima ad una coppia di anziani vicini, ai quali erano stati rubati i risparmi.

Ma in breve, le reali intenzioni dei banditi cominciarono a farsi chiare.

La signora Loredana, una donna splendida, alta, mora e con misure da maggiorata, era stata legata con le mani dietro la schiena mentre un’altra corda le bloccava le caviglie; praticamente sdraiata sul divano sul quale l’avevano spinta, la gonna le si era sollevata fin quasi all’altezza delle mutandine e le sue meravigliose gambe, coperte solo da un paio di collant neri che ne esaltavano la bellezza, erano terribilmente eccitanti. Nelle breve colluttazione con i banditi le si erano sfilate le scarpe mentre alcuni bottoni della camicetta si erano slacciati ed ora i lembi aperti lasciavano intravedere il reggiseno e le forme rotonde e generose delle tette.

I ragazzi chiusero tutte le finestre e la porta, abbassarono le tapparelle affinchè nessuno potesse vedere ciò che stava per accadere o udire le urla delle loro vittime.

Davanti agli occhi del marito e dei figli, afferrarono Loredana e la trascinarono nel centro della stanza: la spinsero sul tappeto e, dopo averla slegata, si gettarono su di lei: le strapparono la camicetta con l’intenzione di spogliarla, ma Loredana si difendeva con tutte le sue forze. Uno dei banditi le afferrò le mani e gliele immobilizzò dietro la schiena mentre gli altri due la spogliavano: dapprima le sfilarono il reggiseno, denudandole le tette, poi la girarono a pancia sotto, uno dei banditi si sedette sulle sue cosce, le slacciò la gonna e gliela tolse.

Loredana indossava ancora le mutandine, ed il ragazzo che le montava sopra cominciò ad abbassargliele lentamente, scoprendole piano piano il culo, incitato dagli altri:
“Tira giù, tira giù, voglio vedere il culo” urlavano ridendo.
Quando le ebbe denudato completamente il sedere, strappò via le mutandine e poi le sfilò i collant.

Bloccata a terra ed ormai completamente nuda, Loredana urlava e tentava ancora di difendersi: uno dei ragazzi volle cimentarsi in una specie di lotta libera con lei, che altro non era se non un pretesto per palparla dappertutto, infilandole le mani tra le cosce ed in mezzo al sedere.

La scena della lotta aveva eccitato gli altri tre: i loro cazzi, duri e gonfi, riempivano la patta dei pantaloni e sembravano voler esplodere.
Cominciarono a spogliarsi mentre Antonio, disperato, urlava di lasciare stare sua moglie, di non farle del male.

Il capo dei teppisti gli rispose di non preoccuparsi: “Non le faremo alcun male, anzi, vedrai come sarà soddisfatta quando avremo finito”.
Allontanarono il marito in un’altra stanza.
Il primo dei violentatori si inginocchiò davanti alla donna: Loredana aveva le braccia bloccate sul tappeto, stese sopra la testa e strette all’altezza dei polsi da uno dei banditi, mentre un altro le aveva afferrato le caviglie e le teneva le gambe spalancate.

Quello che si era inginocchiato in mezzo alle sue gambe si coricò su di lei; Loredana lo implorò “No, non farlo! Non voglio!”, ma l’uomo impugnò con la mano il pene eretto puntando la cappella all’altezza del sesso della donna e la penetrò.

Loredana, ancora incredula di quanto le stava capitando, sentì il cazzo che le penetrava la vagina: non provò nè dolore nè piacere, ma rabbia e sgomento erano le uniche sensazioni che avvertiva.

Senza interruzione, venne violentata da tutti e quattro i ragazzi: a turno le tenevano ferme le braccia e spalancate le gambe mentre uno di loro la penetrava.
La sbattevano con violenza, eccitati dal corpo stupendo della donna e dall’orrore dei figli che, impotenti, assistevano alla scena. La scoparono tutti e quattro, mentre Loredana urlava e si dibatteva senza alcuna possibilità di fermare quei cazzi che la penetravano.
I ragazzi, terminato lo stupro della donna, erano ancora eccitati, ancora desiderosi di piacere.
La girarono, obbligandola a mostrare il bellissimo culo: chinati sulla donna, la toccavano e palpavano stringendo i glutei con le mani e poi infilando le dita in mezzo a quella carne deliziosa e soda, fino ad aprirle lo sfintere, mentre le cappelle dei cazzi esplodevano di voglia, rosse e dure.

“Ora si cambia, adesso viene il bello” esclamò uno di loro.
“Un culo così rotondo e perfetto non l’ho mai visto” replicò un altro, “Avete sentito com’è largo il buco? Scommetto che basta appoggiarglielo in mezzo alle chiappe e scivola dentro da solo”.

“Bastardi” gridò disperata Loredana “Non vi azzardate a farlo o giuro che vi ammazzo”.

Una fragorosa risata accolse la sua minaccia: uno dei teppisti le montò sopra, puntò il cazzo dritto in mezzo alle natiche della donna e, accompagnando la spinta con un colpo di reni, la inculò, infilandole il cazzo, lungo e duro, fino in fondo al culo.
Angelo ed Elena vedevano distintamente il pene dei violentatori scorrere tra le prosperose chiappe della madre per poi infilarsi del tutto nel culo e le palle dei ragazzi che sbattevano contro le sue stupende e rotonde natiche.
Loredana urlava disperata per l’oltraggio e la vergogna di dover subire quelle oscenità davanti ai figli, ma ciò non faceva che eccitare ancora di più i banditi.

Mentre Elena implorava i ragazzi di smetterla, Angelo, seduto sul divano, guardava in silenzio la scena dello stupro: vedeva perfettamente quello che stavano facendo a sua madre: osservava il corpo nudo della donna, le sue lunghe gambe con i muscoli tesi nel vano tentativo di stringere il buchetto per impedire ai membri dei violentatori di penetrarlo, le mani dei ragazzi che stringevano la carne morbida palpando le parti intime di Loredana senza che lei potesse far nulla per impedirlo.
Cominciò ad agitarsi, l’emozione era così forte che provava un misto di nausea e di eccitazione mentre il suo pene iniziava a gonfiarsi.
Ebbe timore che sua sorella se ne accorgesse e tentò di distogliere la propria attenzione da quanto stava accadendo, pensando ad altro, ma era impossibile: le urla della madre e le battute oscene dei ragazzi che commentavano ogni nuova sevizia subita da Loredana agivano da irresistibile richiamo per i suoi sensi.
Il capo dei teppisti notò il leggero gonfiore dei pantaloni di Angelo: lo portarono al centro della stanza e gli abbassarono i pantaloni. Ora il cazzo del ragazzo era quasi eretto e mostrava la punta del glande. Il capo dei banditi glielo prese in mano, glielo toccò ed arretrò il prepuzio fino a scoprire totalmente la cappella: il ragazzo era come ipnotizzato, non riusciva nè a muoversi nè a parlare, ma il piacere cominciava ad invaderlo.
Il suo pene, nelle mani del bandito, era divenuto grosso e duro e l’erezione amplificava la sua voglia.
Obbligarono la signora Loredana ad avvicinarsi al figlio e ad inginocchiarsi davanti a lui.
La donna intuì la terribile intenzione di quei delinquenti ed urlò “No, vi prego, questo no, non con mio figlio!”.
La costrinsero a prendere il bocca il cazzo di Angelo ed a fargli un pompino.
La donna, inorridita, dovette eseguire quella voglia oscena: le sue labbra si avvicinarono lentamente al cazzo, lo prese delicatamente in mano, aprì la bocca e la accostò alla cappella turgida, poi cominciò a succhiare il glande del figlio, spingendosi sempre più avanti: il cazzo entrava ed usciva dalla bocca e la lingua masturbava la cappella dura e totalmente scoperta.
Il pompino durò una decina di minuti, interminabili, finchè il ragazzo, sopraffatto dal piacere, ebbe un orgasmo nella bocca della madre inondandola di sborra.

Ma ai banditi ancora non bastava: cercavano l’incesto completo, la depravazione più profonda. Di nuovo stesero la donna sul tappeto e la immobilizzarono: il ragazzo aveva ancora il cazzo duro; aveva perduto ogni pudore e guardava con passione e desiderio la madre.
In più occasioni, in passato, l’aveva spiata.
A volte mentre lei faceva il bagno: Loredana aveva l’abitudine di lasciare socchiusa la porta-finestra della stanza da bagno; Angelo, sporgendosi dal balcone della propria camera, riusciva a vedere all’interno del bagno: la guardava spogliarsi e poi riusciva a seguirla con lo sguardo fin quasi dentro la vasca: si masturbava immaginando le mani della madre che scorrevano sulle sue parti intime per lavarle.
Altre volte Loredana, convinta di essere sola in casa, si dedicava ad esercizi di ginnastica con indosso solo la biancheria intima: i movimenti dei vari esercizi le facevano scivolare le mutandine in mezzo ai glutei, oppure il reggiseno si spostava verso il basso scoprendole parte delle tette fino ai capezzoli e lei assumeva un aspetto estremamente malizioso ed eccitante; il ragazzo assisteva di nascosto a queste scene; solo una volta, fingendo di volerle fare uno scherzo, era entrato all’improvviso in camera della madre mentre questa, sul letto, stava appoggiata sulla schiena e con le gambe in aria faceva “la bicicletta”.
“Fermi tutti, è una rapina” aveva gridato, ed aveva afferrato la madre per le gambe.
Loredana era stata allo scherzo e ne era nata una breve colluttazione, durante la quale era scappata qualche toccatina da parte di entrambi a parti “proibite”; Angelo, soprattutto, con la scusa di “atterrarla”, le aveva toccato il culo e palpato le cosce un pò troppo in alto, mentre per risposta Loredana, che si difendeva sgambettando, gli aveva afferrato i pantaloni all’altezza del pene e, ridendo, aveva esclamato “Guarda che ti mordo il pisello se non la smetti”.
“Ahh, vergogna, questi sono colpi bassi” aveva esclamato Angelo “Ti meriti una sculacciata, mamma!” e l’aveva effettivamente voltata sul letto e sculacciata; le mutandine della donna si erano abbassate, sia per gli esercizi appena fatti che per la breve lotta con il figlio ed Angelo riusciva a vederle la parte superiore del culo, scoperta, e a toccarla quando la sculacciava; Loredana rideva divertita, ma quando si era girata ed aveva visto dal gonfiore dei pantaloni che il pene di Angelo era diventato duro, aveva allontanato il ragazzo scherzando “O quel pisellino te l’ho fatto un pò troppo grosso, oppure è il caso che tu vada a raffreddarti un poco, porcellino”. Angelo era arrossito e, imbarazzato, era tornato in camera sua.

“Allora, ti piace questa bella figona, vero?” gli fece uno, indicandogli la madre stesa sul tappeto e dandole una pacca sul sedere.
“Guarda che bel culo sodo, scommetto che hai una gran voglia di palparlo e di fotterlo come abbiamo fatto noi”.
Angelo non rispondeva, ma guardava il corpo di Loredana.
“Su, avanti, non essere timido” e gli afferrò le mani guidandole sul sedere della donna.
Lo costrinse a montare a cavallo della madre, a sedersi sulle gambe della donna e a toccarla: gli fece perlustrare accuratamente il culo della madre, accarezzare i fianchi, le cosce ed i piedi; pretese che le palpasse a fondo il culo, violando con le dita il buchino in mezzo alle chiappe, umido di sborra.

Il cazzo del ragazzo era durissimo, la cappella scoperta pulsava di piacere.

Gli ordinarono di toccarle la figa: dapprima solo esternamente, poi guidarono le sue mani nel corpo della donna: aprì le grandi labbra, accarezzò la clitoride ed infilò le dita nella vagina, masturbandola.
Ormai, il ragazzo aveva perso ogni pudore: non gli importava che sotto le sue mani ci fosse la madre: per lui era solo un corpo stupendo, eccitante e disponibile su cui scaricare tutta la sua libidine di adolescente.
“Gentile signora” la scherniva uno dei teppisti “Hai fatto venire il cazzo duro anche a tuo figlio. Sai che facciamo adesso? Ti facciamo scopare anche da lui!”.

Tenevano bloccata a terra la donna che continuava ad urlare inorridita e fecero sdraiare il figlio su di lei, gli presero in mano il cazzo lungo ed arrapato e lo guidarono nella figa della madre obbligandolo a scoparla.
Loredana, dapprima tentò di ribellarsi e di sottrarsi a quella violazione oscena, ma dopo qualche minuto, sopraffatta dal piacere e dall’eccitazione provocati dalla continua penetrazione delle parti più intime del suo corpo e dalla masturbazione fattale dal figlio quando le aveva titillato la clitoride, si eccitò: cinse con le gambe i fianchi del figlio, gli afferrò il culo con le mani e lo spinse a fondo dentro di sè.

La scena aveva di nuovo eccitato i banditi: nudi, stavano intorno alla madre ed al figlio che scopavano sul pavimento: il culo del ragazzo andava su è giù ed il suo membro scorreva duro nella figa bagnata della donna, mentre le sue mani palpavano senza ritegno le tette della donna titillandole i capezzoli.
Prima che i due raggiungessero l’orgasmo, lo sollevarono di peso e lo scaraventarono sul divano.
Il ragazzo era troppo eccitato e non riusciva a controllarsi: tentò di masturbarsi per raggiungere l’eiaculazione e calmare la voglia, ma il sadico capo dei banditi non glielo permise e gli legò le mani, lasciandolo arrapato e sconvolto dal piacere e dalla vergogna: si divertiva a vederlo eccitato e disperato.

Trascinarono nel turpe gioco anche la ragazza.
Elena, che aveva assistito sgomenta alla scena, venne spogliata in un attimo; dalla sua tuta da ginnastica avevano intravisto un corpo degno della madre: come lei, aveva grandi tette sode, un bel culetto rotondo e lunghe gambe affusolate.
La costrinsero ad un rapporto lesbico con la madre che, ancora eccitata e vogliosa per la scopata non terminata con il figlio, sfogò la sua eccitazione su Elena, ormai priva di ogni controllo. La donna iniziò a palpare senza ritegno il corpo della figlia che tentava di ribellarsi ma era tenuta ferma dai banditi che assistevano allo spettacolo ridendo oscenamente di quella donna che, sconvolta ed eccitata dalle sevizie subite, si accingeva a violentare la sua stessa figlia; palpeggiò a lungo i seni di Elena, fino a farle diventare duri i capezzoli, poi spostò le mani sulla figa: le allargò piano le grandi labbra della vagina, inumidì il dito medio e cominciò a titillarle la clitoride; poi, quando Loredana cominciò a leccare la clitoride della figlia, la ragazza quasi svenne per l’orgasmo ed il piacere.

Ora l’eccitazione si era di nuovo impadronita dei banditi: Elena e la madre furono separate dall’abbraccio incestuoso e la donna, legata, venne gettata sul divano, a cavalcioni del figlio seduto e stesa con il culo sul bacino di lui; per divertirsi, i banditi fecero in modo che il cazzo eretto del ragazzo restasse infilato tra le cosce della madre, appoggiato alla figa ma senza possibilità di penetrarla o di masturbarsi; riusciva solo a strofinare il membro sul sesso della donna, aumentando la reciproca eccitazione.
La ragazza invece venne obbligata a mettersi in ginocchio in mezzo ai quattro.
“Lasciatemi, cosa volete ancora?” chiese disperata la ragazza.
“Prendimelo in bocca, poi a turno fai la stessa cosa con i miei amici e continua finchè non ci avrai fatto venire tutti e quattro!” le ordinò il capo.
“No, mi fate schifo” si rifiutò inorridita Elena.
Le afferrò i capelli costringendola ad accostare la bocca alla punta del cazzo, poi spinse la cappella dentro le labbra della ragazza obbligandola a fargli il pompino; la stessa cosa avvenne con ciascuno dei teppisti; mentre a turno ciascuno di loro si faceva leccare il cazzo, gli altri si impadronivano del corpo di Elena infilando le mani ovunque: non un solo centimetro della sua carne fu risparmiato dalla violazione di quelle dita umide di sudore e sperma.
Terminato il pompino, la gettarono sul divano e la stuprarono a due a due, infilandole contemporaneamente il cazzo nella figa e nel culo.
Dopo essere stata sverginata dal primo bandito, la ragazza era svenuta ma uno schiaffo l’aveva prontamente fatta rivenire. Aveva smesso di urlare ed ora, suo malgrado, cominciava a godere, specialmente quando la scopavano piano piano palpandole contemporaneamente le tette.

Nel frattempo Loredana aveva afferrato con la mano il membro del figlio e lo stava masturbando, mentre Angelo, a sua volta, aveva portato la sua mano all’altezza della figa della madre ed aveva iniziato a toccarla: in breve, entrambi raggiunsero un orgasmo liberatorio.

Trascinarono nella stanza Antonio, disperato: le urla che gli erano giunte dal salotto ed il vedere la moglie e la figlia completamente nude e sconvolte non lasciavano dubbi su cosa fosse accaduto.

I banditi gli abbassarono i pantaloni e le mutande e lo fecero sedere su una poltrona, legato, con il pene di fuori.
“Hai il cazzo un pò moscio” lo sfotteva uno dei banditi “da un vero uomo come te non me lo sarei aspettato. Vediamo se riusciamo a fartelo drizzare; guarda bene cosa facciamo adesso alla tua mogliettina”.
Portarono Loredana davanti a lui e la fecero appoggiare con le mani ad uno dei mobili del salotto: la donna era piegata in avanti, con le gambe tese e divaricate ed il sedere proteso in fuori; quella posizione oscena esaltava la bellezza delle sue gambe e la rotondità del suo culo, mentre le sue grosse tette pendevano, piene e sode, verso il basso.

Uno dei ragazzi le si avvicinò da dietro, l’afferrò per i fianchi, appoggiando la punta del pene in mezzo alle chiappe della donna; guardò il marito, sorrise strafottente e poi infilò il membro nel culo di Loredana, sodomizzandola, mentre altri due si erano avvicinati a lei: uno si stese sotto Loredana, le afferrò le tette e cominciò a stringerle e a tirarle verso il basso “Hei, maritino, guarda che bella vaccona ho trovato: che ne dici, continuo a mungerla o no? Dovresti sentire come le si sono induriti i capezzoli, sono più rigidi del mio cazzo” ed accostò la bocca al seno di Loredana, succhiandole i capezzoli.
L’altro invece le infilava le dita nella figa “Qui invece c’è una bella passerina calda, mi sa tanto che dopo ci faccio un giro con questo” disse impugnando il pene eretto.

Antonio urlò “No, fermatevi, lasciate stare mia moglie! Porci, smettete di violentarla!”.

Tuttavia Loredana, sottoposta a tante stimolazioni, stava cominciando a godere insieme con i suoi violentatori, incapace di controllare le proprie sensazioni nonostante la presenza del marito.
Antonio vedeva la moglie totalmente in balia degli stupratori che le toccavano le parti intime, mentre i loro membri le penetravano il culo: il cuore cominciò a battergli forte ma, nonostante l’orrore della scena, quello spettacolo osceno era anche tremendamente eccitante; sentiva l’ansimare di sua moglie ed i suoi gemiti di piacere e, senza che potesse fare nulla per evitarlo, il suo pene cominciò ad allungarsi.
“Guarda, guarda” esclamò uno dei ragazzi “sembra che il nostro maritino sia soddisfatto di quello che stiamo facendo a sua moglie. Lo vedi cosa le stiamo facendo, vero? Dì la verità, ti piace guardarla mentre te la violentiamo. Sai che succede adesso? Ce la facciamo tutti quanti e, se non te ne fossi accorto, ti confermo che tua moglie sta godendo come una troia” e nel dire questo estrasse le dita dalla vagina della donna, mostrando quanto fossero bagnate.
Mentre gli altri tre stupravano Loredana, il quarto si avvicinò ad Elena: la prese per mano, la fece alzare dal divano e, accarezzandole il sedere, la portò davanti al padre.
“Hai visto cos’hanno fatto al tuo papà questi sporcaccioni? L’hanno costretto a guardare le porcate che stanno facendo alla tua mammina e così gli hanno fatto venire il pisello lungo e duro; non vorrai mica lasciarlo in queste condizioni, vero?”
La obbligò ad accosciarsi davanti al padre, in mezzo alle sue gambe aperte ed a toccargli il pene: “Vedi com’è duro e gonfio il pisello del tuo paparino? Da brava, fagli una bella sega” le ordinò.

Elena obbedì docilmente. Sentendo il tocco della mano morbida della figlia, l’uomo riuscì solo a sussurrare debolmente “No, non farlo” ma l’eccitazione era così forte che non seppe opporre alcuna resistenza.

Loredana, accortasi di quanto stava per accadere, urlò disperata “No, lasciate stare Elena, noooo!” e tentò di staccarsi dal mobile cui era appoggiata per dirigersi verso la figlia, ma si ritrovò sbattuta sul tappeto con un cazzo infilato nella vagina ed un altro in bocca.

Elena toccava delicatamente il pene del padre, ne inumidì con la saliva la punta e cominciò a masturbarlo lentamente.
Le sue dita scorrevano leggere sull’asta, per poi soffermarsi sul glande rosso e scoperto.
Dopo pochi minuti, senza che i banditi glielo avessero imposto, la ragazza abbassò il viso verso il membro di Antonio ed appoggiò le labbra sulla punta del cazzo; poi, abbassando ancora la testa, lasciò che il pene del padre le aprisse le labbra e le scivolasse in bocca; cominciò a ripetere l’operazione, leccando con la lingua la cappella che entrava ed usciva dalla sua bocca.
Intanto, il ragazzo che aveva costretto Elena a toccare il padre, stava seduto di fianco a lei: la baciava sul collo e sulle spalle e le accarezzava delicatamente le tette, poi le spalle e la schiena, scendendo giù fino al culetto della ragazza, che a causa della posizione assunta da Elena era tutto proteso in fuori.
Antonio godeva terribilmente: non aveva il coraggio di guardare la figlia che lo spompinava, ma nemmeno la forza di farla smettere.
Elena continuava a spompinare il padre, come una scolaretta diligente: ricordi lontani le tornavano in mente, di quando era più piccola e, a volte, il padre le aveva fatto il bagno; in quelle occasioni, lui aveva sempre evitato di toccarla nelle parti intime ma qualche volta le aveva insaponato e lavato il culetto trattenendo le dita qualche secondo in più del necessario nel delizioso solco in mezzo ai glutei di Elena; ora che era divenuta grande, talvolta, quando di notte si toccava, le era capitato di ripensare a quei momenti, ed inconsciamente aveva desiderato di essere nuovamente toccata da lui proprio lì, in mezzo al culo.
Era un desiderio inconfessabile, subito scacciato dai pensieri, ma ora, la violenza estrema della situazione in cui si trovavano aveva concretizzato la possibilità di esaudire quelle voglie oscene.

Elena era molto eccitata, ma non aveva il coraggio di andare oltre nel rapporto incestuoso che le avevano imposto: il ragazzo se ne accorse, le fece ancora una carezza sul culo, poi le scostò i capelli e le sussurrò qualcosa all’orecchio.

Elena lo guardò maliziosamente ed annuì, bisbigliando, con un fare complice, “Porco!” e si alzò.

In piedi, nuda e bellissima, si girò dando le spalle al padre, allargò le gambe ed andò a sedersi sul pube di Antonio; afferrò il membro eretto di suo padre e se lo infilò nella fighetta umida, cominciando a muoversi in su ed in giù.
Il ragazzo slegò le mani del padre: Antonio non potè trattenersi dall’afferrare, da dietro, le tette della figlia, cominciando a palparle.
Elena gli prese la mano e la guidò giù, in fondo alla schiena, verso il culo: il padre le palpò a lungo i glutei, poi infilò le dita in mezzo ad essi e con il medio le penetrò lo sfintere.
Elena ed Antonio cominciarono a godere insieme, respirando affannosamente, finchè entrambi raggiunsero l’orgasmo
Loredana, sdraiata a terra, aveva assistito disperata alla scena: la sua eccitazione era stata sopraffatta dall’orrore dell’incesto.
Riuscì a liberarsi del ragazzo che la stava violentando spingendolo di lato e a dirigersi verso l’uscita: aprì la porta ma venne catturata appena uscita in giardino.
La riportarono dentro: “Brutta troia, ora vedi cosa ti facciamo fare”.
La gettarono ancora sul divano e, questa volta davanti agli occhi del marito, la costrinsero a scopare di nuovo con il figlio Angelo.
La presenza di Antonio aveva però risvegliato il loro pudore e non riuscivano ad eccitarsi: il membro di Angelo restava moscio e non poteva penetrare Loredana.
“Vediamo un pò se sei davvero così bravo da resistere” affermò ridendo il capo dei teppisti.
“Prendiglielo in mano e faglielo venire duro altrimenti lo castriamo” intimarono minacciosi a Loredana.
La donna dovette obbedire: prese delicatamente il cazzo di Angelo cercando di fargli riacquistare l’erezione.
Arretrò il prepuzio fino a scoprire il glande piccolo e morbido poi, tenendo arretrata la pelle con le dita, bagnò la cappella con la saliva e cominciò ad accarezzarla delicatamente con i polpastrelli comprimendola leggermente per aumentare l’eccitazione dando qualche leccatina sulla punta: pochi istanti ed il cazzo era di nuovo duro e lungo.
I loro corpi sudati ed eccitati si unirono di nuovo, finchè entrambi ebbero raggiunto l’orgasmo.

Dopo circa quattro ore da quando erano entrati nella casa, i teppisti se ne andarono.

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