Mollette sui capezzoli della schiava

Lentamente socchiusi le labbra e la pallina mi fu forzata in bocca. Tutte le mie fibre urlarono la rivolta a quell’intrusione, ma furono tacitate, più che dal mio autocontrollo, dalle attese della tua prossima mossa. Tornasti di fronte a me stringendo un sacchetto scuro. Conoscevo bene il contenuto di quel sacchetto: erano le clips! Un lungo brivido mi scivolò per la schiena. Lo appoggiasti sulla sedia e mi bendasti. Sprofondai nel buio silenzioso che amplificava ogni percezione, l’attesa mi sconvolgeva l’anima. Sentii le labbra sui seni, mi tesi aspettando il morso diabolico delle clips che a momenti mi avrebbero stretto i capezzoli. Il freddo del metallo mi fece trasalire, ma riuscii a non far uscire un suono. Seguii il lento scorrere dell’anello, salire lungo le sottili aste delle pinzette delle clips, stringersi vicino alle punte, amplificando la fitta di dolore, che mi esplose in testa. Le tue mani scivolarono sulle mie braccia, leggere come piume, passarono sulle spalle, provando ad allentare la tensione, mentre la tua bocca mi lasciava una scia umida di baci sulla pelle. Il dolore scemò lentamente, aumentando la pressione al pube. Come lo avessi intuito, andasti a carezzarmi lì. Sobbalzai per la sorpresa e le clips mi ricordarono all’istante la loro pressante presenza.
- piccola miciotta… mi prendesti in giro
- hai un lago qua sotto..uhmm questo mi fa venire in mente molte idee. Purtroppo non abbiamo tempo. Le tue dita mi stavano portando pericolosamente vicino all’orgasmo.
- voglio però essere sicuro che tu non dimentichi e stasera ti voglio così: pronta e calda! Ho in mente qualcosa che te lo farà ricordare… – Non sentii più le tue mani e persa dietro il mio piacere mugolai per la brusca interruzione. Fu solo un attimo. Sentii che prendevi la bustina e un secondo più tardi una fitta lancinante mi fece gridare. Sentii le tue braccia sostenermi, ma il dolore non mi dava respiro. Due minuscole clips di metallo mi avevano artigliato le piccole labbra ai lati del clitoride e il dolore era incredibile, da togliere il fiato. Più mi muovevo più aumentava. Perfino le clips ai seni parevano niente al confronto. Oltretutto l’essere in piedi aumentava il peso e il tirare verso il basso. Mi togliesti la benda, ma da quanto serravo le palpebre fu solo una sensazione tattile; nessuna luce filtrò fino ai miei occhi. I secondi passarono lentissimi. Respirai a fatica temendo anche quel leggero movimento. All’improvviso barcollai perché mi lasciasti e mi sentii perduta senza il tuo appoggio. Lacrime leggere colarono lungo le mie guance. Aprii gli occhi e vidi con sorpresa che ti eri di nuovo seduto di fronte a me, mi stavi fissando senza che alcun’emozione di trasparisse dal volto. Ebbi un momento di incertezza. Quello sguardo vuoto mi fece paura. Seguendo un istinto atavico cercai di raddrizzare le spalle, a fronteggiare, pronta all’inevitabile scossa di dolore che mi sarei provocata. Ce la feci e senza energia rimasi ferma a guardarti sperando di scorgere una luce, un brillio in quegli occhi fermi come acque di un lago. Dopo quella che mi parve un’eternità, afferrasti una sottilissima catena con un piccolo moschettone ad un’estremità. Ti piegasti verso di me che di scatto feci un mezzo passo indietro. Sollevasti appena lo sguardo, senza una parola, e furono quegli occhi a farmi tornare dove ero, a ricordarmi “chi” ero… Con movimenti precisi e senza alcuna fretta agganciasti il moschettone alla catenella che univa le clips alle piccole labbra e con delicatezza tirasti su facendo passare l’altra estremità nell’anello che univa l’altra catena delle clips dei seni. Trattenni il fiato seguendo ogni tua mossa, cercando di capire qual era il tuo fine. In un gesto quasi teatrale, lasciasti andare la catena che rimbalzò sulla mia pancia. Respirai velocemente per ammortizzare il colpo, la saliva si accumulò improvvisamente in bocca e iniziò a colarmi fuori di lato. Odiavo profondamente quella sgradevole situazione. Mi sentivo mortalmente umiliata di non riuscire a trattenerla. ma il dolore fu quasi insopportabile. Senza una sola parola afferrasti la gonna che ancora giaceva ai miei piedi e la tirasti su, rimettendola a posto. Spalancai gli occhi non volendo credere a quello che ormai era palese: mi avresti portato fuori in quel modo! Scossi la testa e tentai di slegarmi agitandomi e peggiorando la mia situazione. Capii subito che era stata una mossa assurda, ma quando mi faccio prendere dal panico, mi scatta qualcosa che non mi fa più ragionare lucidamente: rabbia ribellione ira mi travolgono.

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