– Si, signore, – mormoro’ la ragazza. Erano scarpe costose, di pelle nera, sporche di fango secco. – Non ho uno strofinaccio, – le disse il Marchi, – ma credo che tu possa fare un buon lavoro anche usando solo la lingua. - Si, signore, – mormoro’ ancora lei, nonostante la repulsione che l’idea le procurava. Appoggio’ una scarpa per terra, e avvicino’ l’altra alla bocca, e inizio’ a leccare la pelle nera. Inumidito dalla saliva di Gianna, il fango si scioglieva lentamente, permettendole di leccarlo via dalla scarpa. Il Marchi la osservava. Gianna era rivolta verso il mobiletto, e questo dava all’uomo una buona visuale delle sue natiche nude. – Chinati di piu’, mostrami la fica mentre fai il tuo dovere di serva. Gianna chino’ il busto in avanti, mostrando la propria fessura al Marchi. Lui si sfilo’ una pantofola, e infilo’ il piede fra le cosce di Gianna, strusciandolo sulla sua vagina. – Anche la suola, – le disse. Gianna giro’ la scarpa, prendendo a leccare il fango dalla suola. - Ti sembra una cosa disgustosa, vero? – le disse l’uomo, premendo col piede sulla vagina di Gianna. In tal modo, spingeva anche sulle mollette, procurando un rinnovato dolore alla fanciulla. – S… si, signore, – mormoro’ la ragazza, timorosa di non compiacerlo con quella risposta. – Quando sarai mia dipendente, – le disse lui, – dovrai pulire le mie scarpe in questo modo anche se saranno sporche di merda. - Si, signore, – mormoro’ lei, arrossendo. Inizio’ a pulire la seconda scarpa. - In cosa ti stai per laureare? – le disse lui. - Informatica… signore, – rispose la ragazza. Lui scosse il capo. – No, non e’ il genere che ti assegnerei. – Guardo’ le natiche e le cosce della fanciulla, molto invitanti in quelle calze nere. – Hai un corpo troppo volgare per un lavoro da ufficio, con quelle grosse tette e quel grosso culo. Sei piu’ adatta a fare la donna delle pulizie. Sei d’accordo? - Si, – mormoro’ lei, gemendo per via della crescente stimolazione procuratale dal piede del Marchi, che insisteva sulla sua vagina. – Si, signore… - Hai finito con quelle scarpe? - Si, signore… – mormoro’ la fanciulla. - Bene. Hai la fica tutta bagnata, serva. Girati verso di me e puliscimi il piede. L’uomo ritrasse il piede, e Gianna torno’ a voltarsi verso di lui. – Come… devo pulirlo…? – mormoro’. – Sulla tua faccia, – le rispose il Marchi. Guardando il suo padrone, la ragazza si chino’ in avanti, abbassando il volto, gli prese delicatamente il piede e se lo strofino’ sulle guance finche’ non fu asciutto. Il Marchi la fissava. Ancora una volta senza attendere un ordine, Gianna rimise la pantofola al suo padrone. - Prima che tu te ne vada, Gianna, – le disse il Marchi, – ti lascero’ un numero di telefono. Se vuoi che io ti liberi dai tuoi ricattatori, e sei disposta ad ascoltare le mie condizioni, mi telefonerai. E’ chiaro? Non potendo parlare per via della molletta alla lingua, Gianna annui’. Si rese conto che, nonostante il modo in cui Marchi la trattava, la prospettiva di affidarsi alla sua protezione, in qualche modo, le faceva provare un senso di sicurezza che da molto tempo le era mancato disperatamente. - Per aiutarti a decidere, Gianna, ora ti daro’ qualcosa da ricordare. Usero’ la fica che hai promesso al tuo fidanzato, e la usero’ a fondo, piu’ a fondo di quanto lui fara’ mai. Questo ti aiutera’ a ricordare a chi appartiene il corpo di una serva.