madre e figlia torturate assieme

In questo modo, padre e figlia finivano per essere praticamente guancia a guancia, e i seni di Gianna sporgevano verso l’esterno, lividi e gonfi.
– Un bel quadretto famigliare, – disse il torturatore, – ma si puo’ fare di meglio. – Si avvicino’ a Gianna, e le prese i capezzoli, prima delicatamente, poi stropicciandoli fra le dita. – Potete fare qualcosa per queste, – chiese agli scagnozzi del Marchi, – ora che abbiamo spostato il cartello?

Certo, – rispose uno dei due, cavando di tasca una corda e dando uno sguardo d’intesa all’altro, che lo imito’, estraendo anche lui una corda dalla tasca della giacca. I due uomini si avvicinarono a Gianna, minacciosi, fissandoli negli occhi. La ragazza, ormai abituata a compiacere i propri aguzzini, ricambio’ il loro sguardo suo malgrado, fissandoli attraverso le lacrime mentre loro le afferravano i seni. Ciascuno degli uomini fece un cappio con la propria corda, e la lego’ a uno dei seni di Gianna, prima strizzandoli alla base, e poi aggiungendo diversi giri di corda intorno alla morbida carne delle mammelle della ragazza. Quando furono soddisfatti, i due si allontanarono di qualche passo, uno a sinistra e uno a destra, e cominciarono a tirare i seni di Gianna.

Lei capira’, signor Bianchi, – disse quindi il torturatore a Sergio, con tono di simulata compassione, – che punire una studentessa attraente come sua figlia non puo’ non risvegliare qualche appetito. Cercheremo di limitarci alla bocca di Gianna, se per lei va bene.
Sergio guardo’ il professore. Anche i suoi occhi erano umidi di lacrime, benche’ stesse cercando di non lasciar trasparire la propria angoscia. Si rese conto che il torturatore attendeva una risposta. Cerco’ di parlare, ma aveva la gola secca. Se la schiari’ nervosamente. – Si, va bene, – disse infine.
– Non credo che la signora Bianchi desideri assistere, – disse il Marchi, che fino ad allora era rimasto in silenzio, alle spalle dei genitori di Gianna. – Venga qui da me, signora.
Anna si alzo’, tremando, e si ando’ a sedere di fianco al Marchi, mentre i professori lasciavano il tavolo a ferro di cavallo, avvicinandosi in gruppo a Gianna. Il Marchi guardo’ Anna, sorridendo. – Non si ricorda che il torturatore le ha chiesto di stare a cosce spalancate? – le disse. – S… si, – mormoro’ la donna, arrossendo e aprendo le cosce. – mi scusi. – – Sai che anche questa e’ mia, vero? – insistette il Marchi, passando al tu e infilando una mano nelle mutandine di Anna. La donna rabbrividi’, trattenendo a stento le lacrime. – S… io… si, signore, – mormoro’. – Sei come tua figlia, hai bisogno di un uomo, – le disse il Marchi. Il tono della sua voce era, volutamente, abbastanza alto perche’ Sergio potesse sentirlo. – Se vuoi evitare di guardare tutti questi uomini che violentano la bocca di tua figlia, la cosa migliore e’ che tu metta giu’ la testa… sai cosa voglio dire, vero? – – Si… signore, – mormoro’ ancora Anna.

Tremando di vergogna, abbasso’ il busto verso il membro del Marchi, e inizio’ a slacciargli i pantaloni.