Una questione di famiglia
Ero confuso alla proposta che mi era stata presentata. Mia moglie Clotilde stava ancora tenendomi le mani mentre mi spiegava che non l’avevo mai soddisfatta pienamente col mio piccolo cazzo e che si rendeva conto che non c’era modo per lei di fare a meno del “gran sesso” che le dava Tommaso. Le donne della mia famiglia dissero che capivano la posizione di Clotilde e ritenevano che la proposta fosse vantaggiosa per entrambi.

“Adesso che sono stata con un vero uomo non potrei mai tornare a stare con una nullità come te. E la colpa è solo tua. Non sei mai stato un “uomo” con la U maiuscola. In casa ti si “sopporta”, ma non puoi onestamente chiedere di più. E in ogmi caso, essendo quella che più di ogni altro ho dovuto sopportarti, adesso ho tutti i diritti di godermi qualcosa di meglio di ciò che tu hai da offrire”, disse mia moglie.
Sua madre, mia suocera, annuì il suo assenso. Persino mia madre riuscì a sorprendermi, rivelando che anche lei era stata con alcuni “veri uomini” dopo che era rimasta vedova, e che perciò capiva pienamente e appoggiava senza riserve la posizione di mia moglie.
“Figlio mio, le sarai vicino e potrai continuare a vederla,” disse mia madre.
Quando chiesi a Clotilde se potevamo ancora fare all’amore, lei strinse le mie mani più forte e mi rispose con quel suo tono paternalistico che tante volte in passato aveva usato per negarmi accesso alle sue grazie.
“Sai, Tommaso ha ormai talmente slabbrato la mia vagina col suo enorme pene, che davvero non vedo come potrei ricavare alcun piacere dal tuo ridicolo e perennemente floscio arnese. Così, puoi toglierti subito l’idea dalla testa. E per essere sincera fino in fondo, adesso che Tommaso si è stabilito da noi ed è diventato a titolo ufficiale “l’uomo di casa” disturba sia me che lui pensare che in passato hai avuto rapporti con me. Perciò non azzardarti mai più a menzionare questo argomento!”
Pur rendendomi conto di essere pietoso, domandai con voce strozzata: “Ma allora che cosa dovrei fare? Devo andare a cercarmi un’altra donna?”
“Questo è fuori discussione. Non sono disposta a tollerare un insulto del genere. Il massimo che ti sarà concesso, e solo occasionalmente, sarà ti succhiarmi la vagina. So che ti piace molto, e lo fai molto bene. Specialmente dopo che Tommaso ti ha somministrato una buona razione di cinghiate sul culo, non è vero?”
Dio! Come poteva umiliarmi a quel modo?
Mia madre e mia suocera rimasero prima allibite, poi cominciarono a guardarmi con divertita compassione all’idea che io potessi umiliarmi al punto di leccare la topa di mia moglie mentre il suo amante mi frustava.
“Quando un verme come te ha bisogno di aver un qualche sfogo sessuale, l’unica cosa che può fare è masturbarsi. E questa è l’unica altra cosa che ti sarà concessa se vuoi continuare a vivere in casa con me e Tommaso!” concluse Clotilde in tono gelido.
“M-ma q-questo è a-assurdo. H-ho i miei b-bisogni!”, piagnucolai. Mia moglie, con un ghigno satanico, scosse la testa enfaticamente, e concluse: “Solo la lingua merdoso, niente altro”
“M-ma, non p-posso tornare a farmi le s-seghe! Voglio d-dire … “ “Tutti sappiamo quello che vuoi dire.” mi interruppe mia madre “Sappiamo benissimo che farti le seghe è tutto quello che sei mai stato capace di fare in vita tua!”
“N-no, s-se queste s-sono le c-condizioni i-io ho il d-diritto di f-frequentare altre d-donne e … “
WHAP!
Mia madre mi schiaffeggiò così forte ho traballai sotto l’urto inaspettato. La rapidità del suo schiaffo mi colse completamente di sorpresa. “Come ti permetti? Tu non sei un uomo. Non hai nessun diritto, mettitelo bene in testa!” disse mia madre torreggiando sopra di me mentre mi strofinavo la guancia.
“Brutto merdoso! Come hai potuto pensare di non essere fedele e devoto a mia figlia?” urlò mia suocera, livida di indignazione, “Se penso a tutte le volte che io e mio marito abbiamo dovuto suonartele per averle mancato di rispetto … come osi? Dovrei mandarti a prendere la frusta e dartele come Dio comanda!”
Ero intimidito dalla reazione collettiva, e mi accostai a mia moglie. La persona che era la causa prima di tutta la rabbia scaricata contro di me. Continuavo a tenere le sue mani. Il vigore delle reazioni della mia famiglia mi sorprendeva e mi ha spaventava. Erano tutti contro di me.
“Ora! Ora! Quello che ha appena detto è solo frutto di una normale reazione emotiva. Il merdoso è semplicemente confuso e nervoso. Come sempre parlare di questioni da adulti ti spaventa, non è vero, stronzo?” disse la mia errante Clotilde disse con un tono di ‘soffice’ autorità.
“S-sì cara” risposi in tono sottomesso.
“Immaginavo che mi avresti ubbidito. Dio che schifo che mi fai …! Comunque sia, con questo il discorso è chiuso!”
“Chiuso fino a un certo punto.” si intromise mia madre “Non mi piace l’idea che questo pervertito continui a masturbarsi come ha fatto finora. Quando ancora viveva a casa mia gli avevo proibito di masturbarsi, e quando scoprivo che lo aveva fatto gliele suonavo secche e solenni col battipanni.”
“Benissimo!” disse mia suocera “Allora direi che potremmo re-introdurre lo stesso regime, con una sola differenza. Quando questo maiale avrà bisogno di ‘sfogarsi’ gli legheremo le mani dietro la schiena e poi saremo noi a masturbarlo. E dopo gliele suoneremo col battipanni.”
“Mi sembra un’idea perfetta!” approvò mia madre con entusiasmo.
“Dopo tutto,” continuò mia suocera “ogni volta che mio marito ti da la frusta non devo forse tenerti quel ridicolo pene flaccido avvolto in un fazzolettino perché non sporchi il pavimento? Roba da non credere! Questo merdoso si eccita tutte le volte che lo picchiamo. Davvero, non si contano le volte in cui ho dovuto masturbarlo in un Kleenex mentre mio marito lo frusta!”
“Benissimo,” concluse mia madre, “allora sarà come ai vecchi tempi. Ti ricordi, vero, di tutte le volte che ti veniva duro spiando sotto la mia gonna e io ti facevo frustare da tuo padre?”
Inutile dire che a questo punto non ero più solo scioccato e spaventato per quello che stava succedeno, ma anche profondamente imbarazzato.
Capitolo Secondo – Le famiglie aiutano
Parte dell’accordo che mi permetteva di continuare a vivere in casa con mia moglie prevedeva che io spostassi il mio letto in cantina, perché Clotilde aveva deciso che non era una buona idea che io dormissi sullo stesso piano dove lei avrebbe dormito con Tommaso.
In quella che una volta era stata la nostra camera da letto. Lo spazio ricavato per me in cantina era come un piccolo appartamento. Aveva anche un bagno.
Quando finalmente incontrai Tommaso per la prima volta, non potei fare a meno di invidiare profondamente l’aria di mascolinità e sicurezza che emanava in ogni suo gesto.
Mentre mi preparavo ad andare a letto la mia prima notte in cantina, vidi scendere dalle scale mia madre e mia suocera. Mia suocera con in mano un Kleenex, e mi madre con in mano il battipanni.
“Siamo venute ad inaugurare la tua nuova camera e a dimostrarti che dicevamo sul serio sul fatto di controllare le tue perversioni sessuali.” disse mia suocera tirandomi via le coperte dal letto e infilandomi una mano nel pigiama per afferrarmi il cazzo.
Cercai di impedire che andasse oltre, ma mia madre mi inchiodò con le spalle al letto permettendole di continuare.
“Carlottina ha ragione. Ce l’hai molto piccolo! Ma non preoccuparti, ce la sbrigheremo presto.” ridacchiò mia suocera mentre mi avvolgeva il cazzo floscio nel Kleenex e cominciava a masturbarmi.
Il cazzo cominciò a irrigidirmisi quando mia madre annunciò giuliva: “Ecco Clotilde! Bella e affascinante per Tommaso. Stasera vanno fuori, sai?”, aggiunse con sadico compiacimento.
Guardando Clotilde, non potei fare a meno di rimanere affascinato dalla sensualità che emanava nel vestito così attillato che portava. Era incredibilmente femminile e sexy negli spacchi che rivelavano le sue meravigliose cosce.
Il mio cazzo pulsava e pensai di essere venuto, ma mi sbagliavo. Stavo cercando a tutti i costi di non sborrare nella “fica di Kleenex” di mia suocera, ma sapevo che non avrei potuto resistere alle sue manipolazioni se mia moglie fosse rimasta lì a guardarmi, splendida nel suo profondissimo disprezzo per me.
L’umiliazione feroce!
Sì, se Clotilde fosse rimasta lì sarei venuto come un coniglio.
Dio che verme!
Era splendida.
“Ti piaccio, verme?” diceba piroettandomi intorno nei suoi tacchi alti. “Questo è uno dei vestiti preferiti di Tommaso. E guarda queste.”
Si sollevò la gonna lasciandomi intravedere un paio di minutissime mutandine crotchless di pizzo nero. Il suo pelo biondo era chiaramente visibile sotto il pizzo. Il mio cazzo si indurì del tutto. Facevo l’impossibile per trattenermi.
“Ti piacciono, non è vero? Anche a Tommaso. Gli piace poter allungare una mano sotto la mia gonna e accarezzarmi la vagina.”
Mi stava chiaramente provocando.
“Dai verme, non trattenerti. Fai vedere come ti piace vedermi vestita così! Fammi vedere che sbavi per me! Su, forza, guarda le mie mutandine da vicino.”
Mentre mi si avvicinava, sentivo che stavo per perdere il controllo sotto le abili manipolazioni di mia suocera.
Quando fu vicina, spruzzai nella mia “fica di Kleenex”.
Tutte e tre le donne applaudirono, e per ribadire la propria supremazia totale su di me, Clotilde si sollevò la gonna e si mise a cavalcioni sulla mia faccia, ordinandomi di baciarle la fica attraverso le mutandine.
Appena Clotilde se ne fu andata, mia madre e mia suocera si scambiarono i ruoli. Mia suocera mi ordinò di girarmi sul letto a faccia in giù e con una mano sul collo mi mantenne inchiodato in quella posizione. Mia madre riprese in mano il battipanni che aveva lasciato cadere mentre mi teneva fermo durante l’umiliante sessione di masturbazione inflittami da mia suocera, e si portò a fianco del mio letto.
“Quanti colpi ti davo quand’eri ancora a casa?” disse mia madre “Trentasei se non mi sbaglio, vero?” aggiunse pungolandomi in modo sempre più umiliante.
“Visto che adesso sei un adulto, direi che te ne meriti perlomeno il doppio, non ti pare? E come quando vivevi a casa, conterai tutti e settantadue i colpi, e dirai “Grazie mamma” dopo ciascuno. Capito?”
Senza parlare accennai col capo, imbarazzato ed eccitato al tempo stesso.

THHWWACKK!
“Aaah! Uno, grazie mamma!”
SSSWWACCK!
“Oooowww! Due, grazie mamma!”
All’inizio tentai di non mettermi a piangere, ma verso il ventesimo colpo crollai e mi misi a supplicarla di smettere. Lei ovviamente non mi prestò la benché minima attenzione e continuò a bastonarmi. Verso la fine, balbettavo istericamente.
THHWWACKK!
“Aaaaaaah! S-sessantasette, Ooooììììwww! g-grazie m-mamma!” SSSWWACCK!
“Oooowwwèèèè! S-sessantotto, Aaauuuuuh! g-grazie m-mamma!”
THHWWACKK!
“Uuuììììnngh! S-sessantanove, Aaaooooooowl! g-grazie m-mamma!”
SWWAACKKK!
“Aaaooooow! S-settanta, Uuunnnnngh! g-grazie m-mamma!”
THWWAAACK!
“Aaaiieeèèèè! S-settantuno, Aaaoooooow! g-grazie m-mamma!”
SSWWWAACK!
“Ooooaawìììì! S-settantadue, Aaaììììee! g-grazie m-mamma!”.
Poi mia madre lasciò cadere il battipanni, e mia suocera mi ordinò di girarmi di nuovo sul letto a faccia in su.
Con il culo che mi pulsava, riuscii a fatica ad obbedire, e quando mi fui girato non riuscii a trattenere un gemito di orrore.
Mia madre e mia suocera si stavano sfilando le mutandine!
Pretesero lo stesso trattamento che mi aveva inflitto Clotilde con un’umiliazione addizionale. Quando si furono tolte le mutandine, si misero a cavalcioni sulla mia faccia e mi costrinsero a leccare e baciare le loro fiche nude.
Mentre mi appoggiavano sulla bocca le loro fiche pelose ordinandomi di leccarle e baciarle, mi sentii orribilmente imbarazzato nell’eseguire un atto incestuoso così grossolano.
Ancora non potevo immaginarmi che di lì a poco questo sarebbe diventato il modo ufficiale di ringraziarle dopo ogni sessione di frustate.
Capitolo Terzo – Tre anni dopo: ricordando il passato
E’ da tre anni che Tommaso si è trasferito in casa nostra. In questi ultimi giorni, mi sono trovato a riflettere sulla successione degli eventi, per me sempre più degradanti, che hanno portato alla mia situazione attuale.
Il primo passo fu il tipo di relazione che si stabilì tra me e Tommaso. Fin dai primi giorni, sviluppammo quella che si potrebbe chiamare una relazione “maschio dominante – maschio sottomesso”. Cioè, lui sapeva di essere l’uomo di casa, e di non dovere provare niente.
Io, da parte mia sapevo di dover svolgere un ruolo secondario, e sapevo che i miei limiti sarebbero stati definiti dalle sue azioni. Ero intimidito dalla sua presenza, ma non potevo fare a meno di ammirare di nascosto le sua maniere decise e autoritarie.
Cominciai a rispettarlo profondamente per il “gran sesso” che dava a mia moglie, e del quale spesso in casa si parlava.
Dopo che il fatto che succhiassi la sua sborra dalla fica di Clotilde era diventato di dominio comune, spesso si parlava anche di quello.
A volte a tavola davanti a tutti diceva quante volte si era svuotato nella topa di Clotilde, e poi bonariamente mi chiedeva quanta della sua sborra avessi finito per mangiare io.

La prima volta questo fu estremamente imbarazzante per me, ma dopo che mia madre mi ebbe sollevato da tavola per un’orecchia, denudato il culo, e sculacciato per dieci minuti buoni davanti a tutti con una delle sue pantofole, mi risultò molto più facile discutere il soggetto.
Mia moglie, mia madre e mia suocera erano molto contente che io e Tommaso avessimo stabilito un rapporto così “aperto” nelle nostre conversazioni. Ugualmente imbarazzante all’inizio fu la consapevolezza che lui sapeva che l’unico sollievo sessuale che mi era concesso era la “fica di Kleenex” e che anche per quell’umiliante sfogo il mio culo la pagava assai cara.
E a proposito di questo, tutti si divertivano un mondo vedermi mangiare in piedi il giorno dopo una delle mie sessioni di “pugnetta & battipanni”, come le aveva soprannominate Clotilde.
Godevano immensamente a schernirmi e tormentarmi, a volte persino sollevandosi le gonne a tavola per poi farmi piegare sulla sedia e farmi pigliare a cinghiate sul culo nudo da mio suocero per essere un “porco guardone”.
E tutti ridevano come matti mentre Clotilde cinguettava “Ihhhìììì, mamma mia! E ché? Tante cinghiate e niente pugnetta!”, mentre io mi contorcevo sotto le cinghiate di suo padre.
Un mese dopo che questo regime era cominciato, fui sorpreso a masturbarmi da mia suocera. Dopo che mia madre mi ebbe somministrato centoquarantaquattro colpi di battipanni, lei e mia suocera usarono quella scusa per obbligarmi a indossare una sorta di cintura di castità che mi avrebbe imprigionato il cazzo finché non fosse stata l’ora di “mungermi”.
Con l’aiuto di Tommaso che mi teneva immobilizzato, mia suocera chiuse a chiave il maledetto congegno. Ero furibondo all’idea di un atto tanto vigliacco da parte di tutti loro.
Sputai oscenità contro tutti.
E l’unica cosa che ottenni fu il più duro castigo colla frusta che avessi mai ricevuto in vita mia. Mia moglie, mia madre, e i miei suoceri fecero a turno per frustarmi con un pezzo di cavo elettrico che Tommaso aveva procurato.
Quando smisero di frustarmi, il mio sedere era un ammasso di vesciche sanguinanti.
Ero una persona differente il giorno dopo. Ero stato battuto. Ero stato messo al mio posto. Non mi ribellai mai più.
La mattina dopo, mentre servivo la colazione a letto a lei e a Tommaso, non ho battei ciglio nè esitai per un secondo quando Clotilde mi ordinò di chiedere perdono per il mio comportamento la sera prima che aveva portato al terribile castigo colla frusta che avevo subito.
A partire da quel momento seppi che non ero più solo asservito a mia moglie e al suo amante, ma a tutta la mia famiglia. Persino mia madre mi ordinò addirittura di chiedere scusa per iscritto. La nota fu molto descrittiva, e umiliantemente dettagliata: mia madre me la dettò e io la scrissi. Avevo troppa paura che mi frustassero di nuovo.
Non avevo più la forza di reagire. Il mio spirito era stato annientato.
Da quando Tommaso aveva cominciato a vivere con noi, la suo mascolinità e la sua virilità risultarono subito così forti che presto rinunciai persino a pensare di competere con lui. Invece, trovai più facile lasciarlo essere l’uomo di casa e accettare la mia inferiorità.
La mia rinuncia a tentare di essere un uomo in casa si tradusse in un atteggiamento ugualmente disfattista sul lavoro, cosicché dopo un paio di mesi fui licenziato. Non riuscendo a trovare un altro impiego, fondamentalmente diventai una domestica a tempo pieno per Tommaso. Ero sempre stato bravo nei lavori di casa, così non potei fare altrimenti.
L’unica cosa spiacevole, almeno agli inizi, fu che mia madre e mia suocera insistettero perché in casa indossassi solamente un grembiule, rimananendo completamente nudo sotto. Coprendomi solo davanti, il grembiule lasciava pieno accesso alle mie natiche nude, permettendo a mia madre e mia suocera di sferzarmele con il battipanni o la canna ogni volta che commettevo un errore mentre mi seguivano passo per passo durante i lavori di casa.
Come dicevo, all’inizio trovai questo regime molto difficile da sopportare, ma in pochi giorni mi resi conto che, proprio perché terribilmente umiliante, questa pratica mi eccitava moltissimo.
Di fatto, mi resi conto che il cazzo mi si induriva leggermente non appena indossavo il mio grembiule la mattina, e addirittura mi si rizzava del tutto sotto le frustate di mia madre e mia suocera, rimanendo semiduro per tutto il resto del tempo.
Anzi, devo confessare che spesso facevo apposta a commettere errori per essere frustato, specialmente quando mio suocero era in casa perché in questi casi, se commettevo troppi errori, mia madre e/o mia suocera chiedevano a lui di portarmi giù in cantina e somministrarmi una bella razione di cinghiate sulla schiena.
Quello che non sapevano era che mio suocero – che da giovane aveva cornificato sua moglie a destra e a manca – era fondamentalmente rimasto un vero e proprio maniaco sessuale alla tenera età di settantanni.
Siccome credo che mia suocera gliela concedesse solo molto di rado e solo per una scopatina veloce e senza nessuno dei fronzoli S/M che evidentemente gli piacevano tanto, lui si sfogava con me a insaputa di sua moglie.
“Vieni quì!” mi diceva quasi trascinandomi con sé fino in cantina.
Qui si sfilava la cintura dai calzoni: “Spogliati, nudo!” ordinava secco.
Io cominciavo a spogliarmi mentre mio suocero mi rifilava cinghiate secche per tutto il corpo. Queste prime cinghiate facevano male anche se non erano date con vera violenza. La vera festa cominciava quando mi ero tolte anche le mutande. Allora sì mio suocero cominciava a darci dentro! Mi frustava il culo con abbandono selvaggio, godendo immensamente nel sentirmi urlare e implorare.
Era solo quando le mie natiche erano praticamente viola che lasciava cadere la cintura e cominciava a spogliarsi.
Io non lo guardavo, avendo l’ordine di tenere gli occhi fissi a terra. Mio suocero finiva di denudarsi e si piazzava davanti a me, le gambe appena divaricate.
“Giù! Fammelo diventare duro!” mi ordinava.
Io mi lasciavo scivolare in ginocchio e cominciavo a leccargli il membro già semiduro. Avendo mio suocero settantanni, però, dovevo lo stesso leccarglielo a lungo, succhiandoglielo e facendoglielo inturgidire a poco a poco, fino a che gli si rizzava del tutto.
Ah l’umiliazione feroce!
Avevo sempre la mente in subbuglio. Capivo che dovevo obbedire, che dovevo fare tutto ciò che questa figura di autorità mi chiedeva, e farlo bene. Lavoravo quel palo di carne a dovere. Prendevo in bocca quel manico ormai turgido e lo succhiavo con attenzione, con dedizione.
“Adesso basta. Mettiti giù alla pecorina!” mi ordinava secco mio suocero quando era sul punto di venire.
Io obbedivo: mi giravo in ginocchio sul tappeto e abbassavo il torso poggiando il petto giù, protendendo il culo verso mio suocero. Lui mi si inginocchiava dietro e, senza lubrificarsi il palo duro, me lo dirigeva fra le natiche, individuava l’entrata, mi afferrava per la vita e spingeva con violenza.
Io mi rilassavo e mi protendevo indietro a incontrare quella poderosa spinta. Mio suocero a questo punto dava un nuovo gran colpo e mi affondava dentro per metà. Io gemevo, e questo era il segnale per mio suocero per dare un secondo colpo fortissimo. A questo punto io urlavo, sentendomi dilatare tutto, invadere inesorabilmente, e sapendo che non potevo sottrarmi.
Mio suocero allora iniziava a martellarmi l’ano spalancato con colpi violenti, con tutte le proprie forze.
Voleva farmi male, doveva sfogare la propria rabbia, il proprio dolore, la propria delusione per il matrimonio fallito di sua figlia. Io lo sapevo e subivo, senza potermi però impedire di gemere ad ogni colpo. Sentivo la violenza di mio suocero e sapevo che la meritavo. Provavo dolore ma anche piacere a essere preso con tanta foga, con tanta prepotenza. Sentivo la dura colonna di carne, che sembrava ancora più grossa di quanto in realtà fosse per via della mancanza di lubrificante, sfregarmi dentro con implacabile energia. Sentivo a ogni colpo i testicoli di mio suocero battermi contro le chiappe con violenza. Sentivo le mani di mio suocero stringermi i fianchi con forza, determinazione, rabbia. Mi sentivo completamente in balia di mio suocero. E non mi dispiaceva affatto.
Mio suocero continuava a martellare forsennato il mio grosso culo, bollente per le cinghiate che mi aveva somministrato. Io, inerte fra le sue mani, docile, remissivo, non ero per lui neanche un oggetto di piacere. Ero solo il bersaglio della sua rabbia. Mi violentava, mi stuprava. Sapevo che ne aveva tutto il diritto dopo quello che io avevo fatto a sua figlia.
Allo stesso tempo però, per me questa punizione era sempre acutamente piacevole e questo non faceva che aumentare il mio rimorso.
Mio suocero raggiungeva infine l’orgasmo con spasmi violenti e sono sicuro che per lui era doloroso più che piacevole. Non di un dolore realmente fisico. Era la scarica del dolore che attanagliava il suo cuore per il torto che avevo fatto a sua figlia, trascinando il buon nome della sua famiglia nel fango agli occhi dei paesani. Restava profondamente infisso in me, immobile, tremante, finché riusciva a ritrovare l’autocontrollo.
Allora si sfilava, ancora semieretto, e si rivestiva in fretta senza neppure ripulirsi. Poi mi ordinava di rivestirmi e io obbedivo in silenzio.
La seconda tappa fondamentale del mio declino, fu il regime che Clotilde impose di succhiarle la fica umida e vischiosa dopo che Tommaso l’aveva posseduta. La prima volta avevo cercato di resistere, ma dovetti cedere quando mi disse che non mi avrebbe mai più lasciato assaggiare la sua fica se non avessi obbedito. Considerato quanto già mi ero stato lasciato umiliare mi arresi ai suoi ordini.
Naturalmente, bisogna anche dire che probabilmente le cento frustate che mi fece dare da Tommaso colla cinghia dei pantaloni contribuirono notevolmente ad ammansirmi.
E scoprii che il sapore della sua fica appiccicosa e gocciolante non era poi così cattivo.
Affinché non mi mettessi in testa idee strampalate, mia moglie precisò subito che l’unico motivo per cui mi consentiva di leccarle la fica non era certo perché lei ne provasse alcun piacere. Clotilde aveva problemi a prendere la pillola, e il fatto che io dovessi succhiarle lo sperma di Tommaso dalla topa permetteva a Tommaso di fare a meno del preservativo quando fottevano.
Quindi l’unico motivo per cui mi concedeva di leccarle la fregna era che così poteva sentire la “carnona” del suo uomo pelle contro pelle, felice di sentirsi inondare dalla sua sborra. Fin dalla prima sera, cominciai la mia corvée come “preservativo umano” per mia moglie e Tommaso
Timidamente chiesi che mi lasciassero sedere su una sedia nella stanza da letto mentre facevano l’amore, ma Clotilde decretò che la loro intimità sarebbe stata assolutamente “off-limits” per me. Perciò fu deciso che avrei dovuto aspettare dietro la porta, indossando biancheria di pizzo, con una benda sugli occhi, attendendo che mi chiamassero quando ne avessero avuto bisogno. La prima volta che mi chiamarono entrai in camera loro brancolando, diretto solo dalle gran risate di mia moglie. Quando finalmente raggiunsi il letto, dovetti inginocchiarmi rapidamente fra le gambe aperte di Clotilde e succhiarle fuori dalla topa il carico incredibile di sborra che Tommaso aveva appena depositato. Per sicurezza, quando ebbi finito di succhiarla, mi fece stendere per terra a faccia in su e si sedette sulla mia faccia per assicurare un buon drenaggio in aggiunta al succhiamento con la lingua. Quando si rialzò avevo le mascelle e la lingua anchilosate. Ma scoprii subito che il mio servizio non era finito.
“Adesso stronzo, pulisci il cazzo di Tommaso prima che ricominciamo a scopare!” mi ordinò Clotilde.
Vidi l’ammasso spesso di sborra che gocciolava rimanendo tenacemente attaccata alla punta del suo gigante cazzo semiduro.
Sospirai, sapendo che sarebbe stao inutile oppormi, e mi inginocchiai davanti a Tommaso. Gli presi delicatamente il cazzo in mano e leccai delicatamente le goccioline vischiose dal suo glande. Mentre mi producevo nell’umiliante servizio cercai di pensare a qualcos’altro, ma perfidamente Tommaso non me lo permise.
“Succhiami lentamente e delicatamente finché è duro abbastanza per fottere Clotilde di nuovo. E stai molto attento a non farmi male coi denti!” mi ammonì.
Cercai di concentrarmi, mentre loro due se la ridevano di grosso. Inghiottii il suo glande colle mie labbra e lentamente lo succhiottai come mi aveva ordinato, facendo guizzare la mia lingua sulla sua uretra gigantesca e tutto intorno al suo glande vellutato. Che sentii gonfiarsi, subito seguito dal suo cazzo che si induriva nella mia bocca.
Quando Tommaso ritenne che fosse abbastanza duro, mi estrasse il cazzo di bocca e mi ordinò di metterlo nella fica di Clotilde e poi di uscirmene.
Brancolando, uscii e mi rimisi in ginocchio dietro la porta, piangendo mentre li ascoltavo scopare di nuovo.
Presto mi richiamarono per provvedere lo stesso servizio. Successe altre quattro volte quella notte, per un totale di sei scopate. In un certo senso, mi sembrò naturale farlo in segno di rispetto per il vigore di quel “vero uomo”. Il terzo significativo passo nel mio processo di degradazione accadde un giorno mentre stiravo. Tommaso mi chiamò, e come al solito io lasciai immediatamente quello che stavo facendo e lo raggiunsi in soggiorno per vedere di che cosa avesse bisogno. Aveva appena finito di guardare un video porno e il suo cazzo svettava durissimo attraverso la sua vestaglia aperta.
“Ho bisogno di fica” disse, “ma siccome Clotilde non c’è dovrai provvedere tu!” La sua erezione era assolutamente formidabile.
“Visto che sei un frocio impotente, inginocchiati e succhiami il cazzo per bene!”
Io non lo avevo mai spompinato fino in fondo, ed esitai. Quello lo irritò. Prese a schiaffeggiarmi.
“Cazzo! Fottutissimo frocietto! Il mio cazzo è duro! Mettitelo in bocca! E stai attento a quei denti se non vuoi che te li tiri giù!” gridò.
Era chiaro che cosa dovevo fare. Gemette quando gli inghiottii il glande. Allargai la bocca più che potei. Sapere che aveva intenzione di sborrarmi in bocca aggiungeva una dimensione totalmente nuova. Di colpo si scaricò copiosamente, e io riuscii inghiottire tutto la sua calda e vischiosa discarica. Mi obbligò a restare in ginocchio e cominciò letteralemente a fottermi la faccia, finché mi sparò sulle gengive un’altra pesante spesso scarica di sborra. Poi mi costrinse a mungerlo a lungo. Quando ne ebbe abbastanza, mi estrasse il membro semirigido dalle labbra, e mi ordinò di portargli una birra. Umilmente, tornai con la birra e un bicchiere su un vassoio.
Epilogo
Quella sera a tavola, Tommaso si lamentò della mia esitazione nell’ubbidirgli. Vidi mio suocero alzarsi e togliersi la cintura dei pantaloni.
Senza bisogno che me lo ordinasse, mi abbassai le mutandine di pizzo e mi piegai in avanti presentando le natiche nude a mio suocero perché me le frustasse.Clotilde squittì eccitata “Ihhhìììì, mamma mia! E ché? La cinghia di nuovo! Mamma mia, che bellezza!”.
Il cazzo mi si indurì, e in quel momento mi accorsi che come uomo non esistevo più.Che non ero mai esistito come uomo, solo come un verme sottomesso e masochista. Spruzzai alla terza cinghiata.