Schiava umiliata in pubblico e costretta a masturbarsi

Sottomessa rimase a lungo con il sedere a bagno nel bidè pieno d’acqua fredda. Ancora non riusciva a credere ciò che le era accaduto, che quella strega l’avesse sculacciata a culo nudo come una mocciosa viziata.
Quello che però l’angosciava di più era la sensazione d’impotenza e disorientamento che mai aveva provato fino ad ora.
Si sentiva in trappola, rinchiusa in un posto oscuro, probabilmente da una banda di sadici. Adesso l’unica tenue speranza rimaneva il microchip nell’orologio che le aveva dato Malone. Con quello, Malone, l’avrebbe rintracciata e sarebbe intervenuto. Speriamo solo che non ci voglia troppo tempo – pensò – un’altra umiliazione così e non mi risollevo più.
Si rialzò dal bidè e si asciugò con accortezza il sedere infiammato. Adesso non le bruciava più, però si era trasformato in una specie di pallone rosso. Avrebbe avuto bisogno di una qualche crema per le scottature ma di certo non poteva chiederla ad Schiava. Figuriamoci, quella megera, al posto della crema, le avrebbe spalmato una altra dozzine di sculacciate! Guardò nell’armadietto del bagno, ma, trovò solo del sapone liquido. Sconfortata si sdraiò sul letto, , per riposare e mettere assieme una qualche idea. Notò che sul soffitto della camera, c’era una grande ventilatore a pale. Ecco la soluzione per il mio sedere, pensò Sottomessa. Per primo lo mise alla massima velocità, poi, aiutandosi con un cuscino messo sotto la pancia, posizionò il suo sederino verso l’aria fresca. Trovato questo sollievo cominciò a rimuginare un piano. Cominciò ad arrovellarsi. Cercò invano di scacciare quei momenti dalla mente, ma senza risultato, anzi, ad un certo punto si accorse che più pensava a quello e più sentiva uno strano languore nel basso ventre. Si passò una mano sul sesso e, con vergogna, si rese conto che il suo inguine era inumidito. Sono impazzita ?! – pensò – mi sto eccitando! Non è possibile, non sono masochista … non lo sono mai stata. E con rapidi flashback, ripensò a momenti della sua vita sessuale. Mai si era eccitata per cose del genere, nemmeno nella confusa fase dell’adolescenza. Probabilmente l’avevano drogata. Anzi, sicuramente l’avevano drogata! Confusa in questi strani pensieri alla fine, stremata, si addormentò di colpo.
Erano le cinque in punto quando Schiava entrò in camera per accompagnarla dal direttore. Sottomessa giaceva nella stessa posizione in cui si era addormentata. Era a pancia sotto e con il sedere semiscoperto piazzato a favore del ventilatore. Ho fatto proprio un bel lavoro, pensò Schiava guardandola, e nessuno avrebbe potuto darle torto visto che il sedere di Sottomessa, era tuttora rosso come un pomodoro.
Spense il ventilatore, e con un piccolo scapaccione le diede la sveglia.
“Miss Dolly, si svegli. Il direttore ci aspetta.”
Sottomessa si risvegliò, imbarazzatissima. Che stupida – pensò – non avrei dovuto addormentarmi in quella stupida posizione. Si alzò e corse in bagno per fare la pipi e per rinfrescarsi la faccia. Allo specchio, al posto della sofisticata detective che tanti cuori aveva infranto, vide l’immagine di una ragazzina spaurita, con il trucco sfatto e gli occhi gonfi. Cercò di sistemarsi alla meglio, poi tornò in camera, decisa, per il momento, di non aprire più bocca e di abbandonarsi agli eventi. Schiava aprì la porta e lei la seguì docilmente verso l’ufficio del direttore.
Una volta arrivate, Schiava, le ordinò di andare davanti alla scrivania del direttore ed aspettare. Il direttore era seduto al suo posto e sembrava impegnato ad esaminare delle carte e non prestò a Sottomessa nemmeno uno sguardo.
Dopo lunghi minuti, finalmente sollevò gli occhi, guardandola come fosse appena entrata “Miss Dolly, qualcuno mi ha riferito che hanno dovuto somministrarle una punizione. E’ vero?”
Sottomessa deglutì mortificata, facendo di sì con la testa. Il direttore continuò: “Si sarà già resa conto che la strada che porta ad essere “gheisa” non è affatto facile. E’ un percorso lungo, che passa per forza attraverso la disciplina e l’umiliazione.”
Sottomessa, ascoltava incredula da tanta brutalità, e per farsi coraggio ripeteva tra di sé, come un mantra, la frase che questo era solo un lavoro … solo un lavoro … solo un lavoro … che presto Malone sarebbe piombato lì, avrebbe liberato lei, l’amica di Weston, poi avrebbe intascato i soldi si sarebbe precipitata all’aeroporto per tornarsene a casa e dimenticare questa brutta storia.
Il direttore intanto si era alzato e le si era avvicinato. “Cosa crede che farò, adesso, Miss Dolly?”
“Non lo so …” rispose Sottomessa, confusa.
“Glielo dico io dico io, allora!” disse il direttore. “Si pieghi su questa scrivania. Svelta!”
Sottomessa obbedì, fece come lui le aveva ordinato. Si chinò sulla scrivania appoggiando i gomiti sul ripiano di legno. A causa della posizione arcuata e della lunghezza, davvero mini, della gonnellina, il sedere della detective si mostrò per intero, rivelando oltre che la sua generosa rotondità, il colore porpora che contrastava con il bianco delle mutandine.
“Complimenti miss Schiava, ha fatto davvero un ottimo lavoro” Poi, con calma, cominciò a sfilarsi la cinghia dei pantaloni.
“Questo, miss Dolly, le farà male.” Sottomessa era terrorizzata, però non osò muoversi. Poi partì la prima cinghiata.
SCIAFF … Era un dolore fortissimo. Sottomessa cercò di proteggersi con un braccio.
“Non cerchi di sottrarsi, o sarà peggio per lei!” L’ammonì il direttore.
SCIAFF… SCIAFF… SCIAFF… altre tre cinghiate e la sfortunata detective, si rese conto che, al confronto, le sculacciate d’Schiava erano state carezze.
SCIAFF … SCIAFF … SCIAFF … altre tre e Sottomessa perse ogni ritegno o pudore. Urlò e dimenò disperatamente il sedere, tanto che, le mutandine finirono per entrare nel solco delle natiche scoprendole ancora di più. “Adesso inarca bene le reni in maniera da spingere in alto le natiche. Voglio fartele diventare rosse come si deve!” urlò eccitato il direttore.
Invece di ribellarsi e di tentare di scappare, Sottomessa, incredibilmente obbedì all’ordine. Crollò con il busto sulla scrivania e poi inarcò la schiena per offrirsi meglio alle cinghiate. Il fatto è che si era eccitata. Ovviamente si rendeva conto della situazione indecente in cui si trovava, ma non poteva farci niente. Per quanto tentasse di resistere si rendeva conto che il suo inguine era inumidito. Non voleva però (almeno quello!) che il direttore se ne accorgesse.
Ma ahimè, purtroppo per lei, l’occhio del direttore era ben avveduto e dopo averle sfiorato le mutandine con la mano, le chiese. “Si è fatta la pipì addosso?”
“No… perché me lo chiede?” rispose lei cercando di controllare l’emozione della voce.
“Perché ha le mutandine bagnate!”
“No … non so … non so …” gemette Sottomessa confusa e frustrata dall’essere stata scoperta.
“Allora se le levi subito!”
Senza una parola, Sottomessa eseguì l’ordine, gettando le mutandine umide sul pavimento. Il direttore le raccolse e se le portò alle narici. L’ odore acre dell’eccitazione era evidente.
“Bene, dal momento che abbiamo scoperto che lei è una una viziosa, la tratteremo di conseguenza. Avanti, apra la bocca!” le ordinò.
Frastornata, il viso in fiamme, Sottomessa cercò di opporsi a quell’ultima vergogna, ma una cinghiata bruciante la fece desistere. Definitivamente vinta, disserrò i denti ed inglobò le mutandine. Poi, con la bocca piena e le labbra serrate, si abbandonò sconvolta sul ripiano della scrivania. Benchè sembrasse incredibile, Sottomessa era sempre più eccitata, tanto che, quasi senza rendersene conto, inarcò le reni ancor di più, con l’effetto che le sue natiche si aprirono del tutto svelando ogni sua intimità. Era l’immagine stessa della vergogna e i succhi vaginali le stavano colando lungo le cosce, ma ormai non le importava più. L’eccitazione aveva stravinto sull’ orgoglio e questo la rendeva pronta a sottomettersi a tutto.
“Mi aiuti… la prego” implorò con la voce rotta dal turbamento. Ma il direttore, invece di soddisfarla in quello che lei supplicava, ricominciò a scudisciarle le natiche. Sottomessa, fra il dolore cocente per i colpi e il desiderio insoddisfatto che la stava travolgendo, incominciò a grugnire fuori da ogni controllo. Sfregò disperatamente la sua vagina contro il bordo rugoso della scrivania, sino a venire, con un orgasmo fortissimo.
Rimase così, senza riuscire a muoversi, piegata in due sulla scrivania, e col pube inondato che ancora premeva sul bordo. L’unica cosa che le era riuscito di fare era di sputare le mutandine.
A quel punto Marchetti fece un cenno ad Schiava perché aiutasse la ragazza a rialzarsi. “Bene” disse cercando di controllare il tono della voce “per oggi hai avuto la tua lezione di cui spero farai tesoro. Avanti, adesso rialzati e vai nella tua camera.” Schiava la prese per un braccio e la aiutò a sollevarsi in piedi. Sottomessa si sentiva improvvisamente piccola e bisognosa di cure. Sentiva la necessità disperata di qualcuno che la consolasse, che la coccolasse. Si buttò quindi , piangendo, tra le braccia ossute e nervose di Schiava.
Il direttore la lasciò sfogare per alcuni minuti, poi, come i singhiozzi diminuirono, dette gli ultimi ordini. “Adesso miss Schiava la riaccompagnerà in camera, prima però voglio che faccia ben attenzione ad alcune norme che dovrà assolutamente rispettare.” Sottomessa, tra le braccia di Schiava, annuì con la testa.
“Per prima cosa voglio che è in mia presenza, o quando è fuori dalla sua camera, tenga sempre la schiena inarcata con le braccia incrociate dietro. Per secondo, voglio sempre vederla con le labbra socchiuse e con la lingua leggermente in fuori. Non tutta la lingua, solo la punta. Sono stato chiaro?”
Sottomessa, nonostante sentisse centinaia di farfalle frullarle nella testa, fece cenno di sì.
Il direttore sorrise compiaciuto. Quindi si rivolse ad Schiava, che per tutto il tempo non aveva detto una sola parola. “Bene, adesso accompagni Miss Dolly alla sua camera. Domani forse avremo un altro incontro. Per oggi può bastare.”
Schiava staccò dalle sue braccia Sottomessa e le diede alcune secche disposizioni. “Allora, faccia come le ha detto il direttore: braccia dietro la schiena e schiena inarcata! “ Sottomessa obbedì in qualche modo, ed Schiava si spostò dietro di lei per controllare che l’avesse fatto bene. “Bene” disse “Adesso però alziamo un po’ questa gonnellina e diamo un po’ di aria a questo culone.” In effetti, a causa delle botte ricevute, il ben proporzionato sederino della povera detective sembrava raddoppiato di volume, ed era diventato un “culone”! Schiava, dopo averle rimboccato la gonnellina scozzese, le indicò la porta.

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