Quando arrivò alla famosa agenzia scoprì che non era altro che un anonimo ufficio di due stanze. Ad aspettarla che senza tante parole la fecero salire su una jeep con i vetri oscurati. ttomessa pensò con sollievo al suo microchip nell’orologio. In ogni caso Malone sapeva dov’era e avrebbe potuto intervenire.
Il viaggio durò un paio di ore però le sembrò interminabile. Chissà se avevano girato in tondo oppure si trovavano in campagna? Di sicuro quando scese dal furgone si rese conto di essere in un sotterraneo di una qualche casa privata. I due individui l’accompagnarono ad un ascensore e poi in quello che doveva essere l’ufficio del capo.
“Benvenuta miss Simona (il nome fittizio con cui si era presentata), io sono il dott. Marchetti” disse la persona si trovò di fronte. Marchetti era un ometto insignificante, calvo e pallido con un leggero accento del sud.
“Il suo addestramento durerà un paio di settimane, o forse meno, dipende tutto da lei. E’ chiaro che, dato il particolare contesto, le sarà vietato qualsiasi contatto con l’esterno e perciò la invito a consegnarci il telefonino.”
Sottomessa aveva previsto questa mossa, e depositò senza alcun problema il suo cellulare sul tavolo.
“Come ho già detto, se collaborerà, ci renderà il nostro compito più semplice e la sua permanenza sarà più piacevole e breve”. Aggiunse Marchetti, quindi schiaccio un pulsante sull’interfono della scrivania. Era un segnale e infatti dalla porta laterale entrò una signora magra, di mezza età.
“Questa signora è miss Schiava. Avrà il compito di occuparsi di lei per tutti questi giorni. Naturalmente dovrà osservare una certa disciplina, ma riguardo a questo, Miss Schiava avrà modo di spiegarle tutto”.
Detto questo si congedò e uscì dalla stanza. Schiava, senza dire una parola, afferrò per un braccio Sottomessa, per accompagnarla alla camera che le avevano riservato.
Attraversarono un paio di corridoi con numerose porte chiuse. In tutta la casa si sentiva solo il rumore dei loro passi. Giunsero alla stanza che le era stata destinata. A questo punto Sottomessa non vedeva l’ora di rimanere sola, per poter così fare il punto e cominciare ad indagare. Però le sue aspettative andarono deluse dato che Schiava, invece di uscire, rimaneva immobile al centro della stanza con le braccia conserte.
Sottomessa, a quel punto, la fissò con aria interrogativa “Avrei bisogno di cambiarmi” disse.
“Miss Simona, questo non è un albergo, e se deve rimanere sola o meno lo decido io. A proposito di cambiarsi, la avverto che qui non sono ammessi abiti personali e quindi è necessario che lo faccia subito. Nell’armadio qui di fronte troverà una serie di vestiti che dovrà indossare secondo le mie indicazioni”.
Questi sono tutti matti – pensò Sottomessa – comunque il piano era quello di assecondarli, almeno all’inizio. Aprì l’armadio della camera e, con sorpresa, vide che al posto dei Kimono ricamati che si aspettava trovare, c’erano gonnelline plissettate e altri indumenti tipo college. Sul ripiano erano anche una serie di mutandine in cotone a fantasia che andavano dal fucsia al rosa. Sembrava un guardaroba di una collegiale, altro che gheisa!
Schiava le indicò una gonnellina plissettata scozzese, una camicetta bianca e una serie di accessori a complemento che avrebbe dovuto indossare. Sottomessa si tolse la giacca del tailleur poi la gonna e infine la camicetta. A questo punto si aspettava che Schiava, per discrezione, se ne andasse o almeno si girasse. E invece rimaneva fissa, braccia conserte, a fissarla severamente.
“Ehm… se devo togliermi anche le mutandine sarebbe meglio che almeno si girasse” le disse Sottomessa con un tono il più conciliante possibile.
“Miss Simona non faccia tante storie e si cambi in fretta”.
“Cos’è questa, una specie di prigione?”
“Le conviene obbedire o mi costringerà a suonargliele di santa ragione!” Sottomessa, nel sentire queste parole le venne la voglia di metterle le mani addosso. L’idea che questa donnetta, magra e per di più di mezza età potesse minacciarla fisicamente, più che spaventarla le sembrava patetica. Ciò nonostante si morse la lingua, non poteva tradirsi così, al primo inciampo, e quindi seppur con fastidio continuò a cambiarsi.
Si levò il suo completino in raso Victoria Secrets per poi indossare i capi che Schiava le aveva messo sul letto. Per primo le toccò un paio di ridicole mutandine in cotone a fiorellini,. Poi, al posto del reggiseno, un top, e infine, una camicetta bianca con un fiocco azzurro. La cosa terribile fu però la gonnellina a pieghe, così corta e svolazzante da lasciarle quasi scoperte le mutandine. Per terminare il quadretto dovette indossare anche un paio di calzettoni bianchi lunghi fino al ginocchio e delle scarpe nere col tacco basso.
Per 200.000 dollari si fa questo e altro, pensò. Almeno adesso quella megera se ne sarebbe andata. Schiava però non ne aveva alcuna intenzione e le diede l’ordine di sfilarsi anelli, orecchini e, ahimè, anche l’importantissimo orologio col microchip.
“Ma che senso ha?! Sono oggetti miei personali a cui tengo tantissimo” si ribellò Sottomessa, irritatissima.
“Avanti la smetta, si levi immediatamente quella roba, altrimenti …”
Sottomessa a questo punto scoppiò: “Altrimenti cosa?” disse con aria di sfida. Non aveva di certo paura, era almeno 5 cm. più alta di Schiava, ed era di certo più forte. Da anni si ammazzava in palestra, facendo pesi, figuriamoci se quella donnetta rinsecchita poteva intimorirla. Si parò di fronte a lei a gambe leggermente divaricate e cominciò ad apostrofarla duramente “Senti un po’ zia, se sono qui è solo perché il mio uomo vuole togliersi un qualche capriccio, e non di certo per farmi strapazzare da una vecchia befana come te. E’ chiaro!”.
Schiava, per nulla intimorita dalla sua presenza, l’afferrò per un polso, e, con una mossa rapida, sedendosi sul letto se la rovesciò di traverso sulle ginocchia.
Come era possibile – pensò Sottomessa stupefatta – Quella donna doveva avere una forza fuori del comune!
Provò a liberarsi ma inutilmente: Schiava con la mano sinistra la teneva inchiodata in quella ridicola posizione.
”Cosa sta facendo?! Mi lasci andare” urlò Sottomessa con il cuore che le batteva forte.
Come risposta, Schiava le sollevò la cortissima gonna, e le abbassò le mutandine fino alle ginocchia.
Sottomessa in tutta la sua vita non era mai stata sculacciata, nemmeno da bambina. La cosa le sembrava incredibile e continuò ad urlare per lo sdegno e l’umiliazione. Il peggio per lei doveva ancora cominciare e fu quando cominciò a sculacciarla.
PAMMMM…PAMMMM… PAMMMM… una prima serie di colpi si abbatterono sulle natiche cicciottelle eppure Sottomessa , quasi non le avvertì, sconvolta com’era dallo choc, ma poi la mano dura di Schiava cominciò a fare il suo effetto e non riuscii a trattenersi. Ecco che dopo i primi sommessi lamenti iniziarono le lacrime e le suppliche.
“Ahhhh… PAMMMM …ahhhhh… PAMMMM ……bastaaaa… PAMMMM …..ti pregoooo… PAMMMM…..bastaaaa… PAMMMM…..ahhhhh…. PAMMMM…ahhhhhh…che maleeeeee… PAMMMM ……ohhhhhh… PAMMMM …..bruciaaaaaaaaa… PAMMMM ……bastaaaaaaa… PAMMMM ……aiutooooo……”
Dopo 10 minuti di quella cura Sottomessa si dimenava come un’indemoniata, contorcendosi dal dolore. I bei capelli biondi svolazzavano da ogni parte mentre il povero sedere come per sfuggire i colpi saltellava a destra e manca senza controllo.
“Miss Simona, stia ferma! Se la smette di dimenarsi le prometto che finisco presto. Se invece continua così vado avanti all’infinito!”
Incredibilmente Sottomessa, smise di dimenarsi, anzi, per far si che la tortura finisse presto spinse all’indietro il suo povero sedere per offrire un bersaglio più facile,.
Come le sculacciate terminarono Sottomessa crollò sul pavimento massaggiandosi il sedere con le mani. Schiava però completare non aveva ancora finito, e afferrandola per un orecchio la spinse contro un angolo della stanza. “Miss Simona – disse – ecco quello che le toccherà ogni giorno se rifiuterà di obbedirmi. Sono stata abbastanza chiara?” Sottomessa faccia al muro piangeva senza la forza di rispondere.
“Allora?” disse la sorvegliante regalandole un paio di brucianti sculaccioni.
“Siii….siii” gridò la povera detective.
“Ora rimarrà qui all’angolo, mezz’ora, faccia al muro e con le mani incrociate sulla testa. Verrò a controllare e se scopro che si è mossa o si sta sfregando il sedere le assicuro che la rimetto sulle mie ginocchia e ricomincio da capo. Chiaro?”
Sottomessa, le gote in fiamme, rispose tra i singhiozzi “Siii, siii….sniff…..sniff,,,,,”
Prima di uscire, Schiava, le rimboccò bene la gonnellina per assicurarsi che il sederino rosso fosse bene in vista.
Durante la mezz’ora, Sottomessa, a parte singhiozzare e tirare su col naso, non osò muoversi di un solo millimetro. E indubbiamente fece benissimo perché varie volte Schiava venne a controllare. Scaduto il tempo, Schiava, le diede finalmente il permesso di ricomporsi, e le comunicò che alle 5 sarebbe tornata per accompagnarla dal direttore.
Appena sola Sottomessa corse in bagno, riempì il bidè di acqua fredda e vi immerse il sedere ancora in fiamme. Quello che le era accaduto era incredibile. Incredibile e vergognoso. Provo ad immaginare se poi la cosa si fosse saputa all’esterno. Sarebbe morta dalla vergogna e dall’imbarazzo.