Vacanza sadomaso in un luogo isolato

Costretta dalle corde che le legavano i polsi in quella posizione da ore al centro della piccola camera che fungeva da sala e cucina, nella baita isolata che lei e Massimo avevano affittato per la settimana di ferragosto, aspettava il ritorno del suo uomo. La corda che la imprigionava passava sopra un trave obbligandola a stare in piedi con le braccia sollevate, coperta solo da un leggero vestito di cotone soffriva terribilmente il caldo nonostante si trovasse oltre i 1300 m d’altezza. Aveva sete, molta sete, ma la brocca d’acqua presa dalla fonte vicina si trovava sul tavolo, a fianco del bicchiere, fuori della sua portata. Desiderava quell’acqua, voleva dissetarsi, non riusciva a pensare ad altro che al contenuto della brocca e al modo di raggiungerlo, ma le corde tiravano sui polsi. Ad ogni sforzo la chiazza di sudore sul suo vestito si allargava, peggiorando la situazione, respirava sempre più veloce aumentando l’ossigenazione del sangue con il conseguente giramento di testa. Tutto questo l’aveva portata in uno stato allucinata disperazione, era disposta a tutto pur di dissetarsi.
Massimo aveva calcolato bene i tempi, la conosceva da anni e sapeva i tempi di reazione del suo organismo: entrò nel preciso istante in cui lei stava per iniziare ad urlare dalla disperazione. Si avvicinò a lei fissandola nel vacuo dei suoi occhi.

– Bere! Fammi bere … ti prego! – sussurrò Chiara con la voce impastata.

Lui le girò intorno due, tre, volte osservandola, studiando con attenzione il suo corpo: gli piaceva come le si gonfiava il seno in quella posizione. Allungò una mano e l’appoggiò sul quel seno, il tessuto bagnato dal sudore aderiva a lei come una seconda pelle, lo strinse spingendolo verso l’alto e continuò a palpeggiarlo sino o a quando non percepì il capezzolo inturgidirsi sotto il palmo. Soddisfatto la raggiunse anche con l’altra mano ripetendo l’operazione, quindi passò ad accarezzarla per tutto il resto del corpo, dai fianchi alle spalle, senza disdegnare le sode natiche.

– Ho sete! … non resisto più, dami da bere. Ti prego! – ansimò lei.

Massimo staccò le mani da lei e si portò verso il punto in cui era legata la corda, ne sciolse il nodo e consentì ad Chiara di abbassare le braccia, ma misurò con cura la sua libertà in modo che non potesse ancora raggiungere la brocca sul tavolo. Infatti, come sentì le braccia più libere, Chiara corse quasi verso l’acqua, inutilmente. Un rantolo di disperazione uscì dalla sua bocca nell’attimo che comprese che i suoi sforzi erano inutili e crollò in ginocchio abbandonando la testa sul seno.
Lui gli si avvicinò e, prendendola per i capelli, ne sollevò il viso. Gli occhi d’Chiara imploravano ma non vedevano la mano di Massimo che lavorava sulla patta dei suoi pantaloni.

– Hai sete?
Questo è l’unico liquido che avrai, se sarai abbastanza abile da estrarlo!- disse lui mentre le appoggiava il membro alle labbra.

Chiara abbassò lo sguardo come per misurare quello che le veniva offerto, quindi lo alzò verso quello di Massimo e aprì la bocca. Lo ingoiò mentre lo fissava negli occhi e, subito, iniziò a succhiare forte come se fosse una cannuccia da cui sorbire la bevanda tanto sospirata. Chiara faticava nel portare avanti la sua opera, la quasi totale mancanza di salivazione rendeva l’interno della sua bocca ruvido e poco incline ad aprirsi del tutto. Non capiva come il contatto con la sua lingua ispessita potesse piacere a lui, ma a giudicare da quello che vedeva e sentiva lui la trovava estremamente piacevole. Si muoveva lasciando uscire completamente il pene dalla sua bocca per poi ingoiarlo sino in fondo, stuzzicandone il glande con la lingua in continuazione, mantenne il suo ritmo anche quando lui iniziò a spingere con le reni verso di lei a tempo. Con la mani legate non poteva né brandire il membro né afferrare Massimo per le natiche come piaceva a lei, ma in ogni caso lo stato confusionale che la disidratazione le aveva procurato non le consentiva di sentirne la mancanza. Seguiva unicamente l’istinto e succhiava. Non si accorse che lui stava per venire e ricevette il primo fiotto di seme sulla lingua nello stesso istante in cui lui urlava dal piacere, distratta dal suo unico fine, che era quello di trovare del liquido da trangugiare, continuò la sua opera esattamente come l’aveva iniziata. Solo quando il seme iniziò a colarle giù dalla gola capì cosa era successo e rallentò progressivamente sino a fermarsi. Massimo, soddisfatto, si ritrasse da lei riponendo il membro e sistemandosi gli abiti si allontanò di qualche passo seguito dallo sguardo d’Chiara.

– Bere! – riuscì solo a dire lei.

Massimo si diresse, allora, verso il frigorifero non visto da Chiara che aveva lo sguardo focalizzato sulla brocca d’acqua. Tornò da lei con una lattina di birra freschissima, la pose tra le mani legate di lei e l’aprì. Chiara guardò incredula l’oggetto che stringeva, poi lo portò alle labbra, rabbrividendo al contato con il metallo freddo, e leccò languidamente le gocce di condensa. Lentamente, ieraticamente, alzò la lattina per iniziare bere; come le prime gocce toccarono la lingua, Chiara, emise un mugolio di piacere e ne svuotò di un fiato il contenuto. Lasciò cadere il contenitore respirando a fatica tra un singhiozzo e l’altro.

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