La punizione finale – lo schiavo subisce

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(la conclusione..)

Ma la mia punizione era tutt’altro che finita lì.
“E adesso tirati giù i pantaloni!” disse mio padre afferrandomi per un orecchio e, visto il mio sbigottimento, aggiunse:
“A culo nudo, ho detto! Te la faccio passare io la voglia di fare il lazzarone!”
Cominciai a calarmi i calzoni, ma più che sbigottito ero ancora una volta maledettamente eccitato; mi stavo accorgendo infatti che il mio cazzetto, che era rimasto duro mentre mio padre mi cinghiava al di sopra dei pantaloni, mi stava addirittura scoppiando nelle mutande. I brividi dell’umiliazione di ricominciare a prenderle, e stavolta sul sedere nudo, mi percorrevano la ventrale del cazzetto come una scossa elettrica che mi faceva dolorosamente pulsare la cappella infiammata.

Rimasto in mutande, mi resi conto che non potevo togliermele e mostrare la poderosa erezione che le stava gonfiando, ed esitai un momento. Ma due cinghiate secche e veloci sulle cosce mi svegliarono e, girandomi verso lo specchio a muro, me le tolsi rapidamente: per il resto della sera non me le sarei pi rimesse. Mio padre incominciò a frustarmi il deretano nudo, e l’euforia di pochi minuti prima scomparì colle vesciche rosse che si andavano sollevando sulle mie natiche. In piedi di fronte allo specchio mi accorsi che il balletto ora era molto meno rilassato, e che i balzi in avanti non li facevo per paura ma perché le cinghiate ora facevano un male cane.

Comunque mio padre non mi frustò molto a lungo; dopo una ventina di colpi smise e mi disse:
“Per stasera salti la cena. E adesso rimani lì e non rivestirti: ci rivediamo fra una mezz’ora, ché non ho ancora finito con te!”
Uscì ma senza rimettersi la cintura, che lasciò invece sul piano della scrivania.

Contorcendomi davanti allo specchio notai che avevo numerose strisce rosse che mi zebravano le natiche e la parte posteriore delle cosce e che risaltavano parecchio per via del fatto che la pelle in quei punti era particolarmente bianchiccia, essendo l’unica zona del corpo che non si abbronzava d’estate. Accarezzando i segni delle frustate venni prese da un’emozione incredibile; guardavo affascinato quel reticolo di strisce rosse che era il mio sedere e mi sentivo quasi felice di scoprirlo uguale e identico a tante delle foto dei giornaletti pornografici colle quali mi masturbavo chiuso in bagno. Poi guardai la vecchia cintura nera arrotolata come un serpente sul piano della scrivania e pensai che mio padre mi aveva ordinato di rimanere a deretano nudo perché non aveva ancora finito con me: il cazzetto che mi si era parzialmente afflosciata riprese ad indurirmisi al pensiero di altre frustate e del male che mi avrebbero fatto.

Punizioni corporali – Capitolo 2

Come ho già detto (vedi Capitolo 1) ho 32 anni compiuti da più di un mese, ho lavorato per cinque anni, di cui tre fuori Roma, e da un anno circa sono ritornato a vivere con mio padre e mia madre e a frequentare di nuovo l’università. Un anno fa, appena tornato, mi sarebbe sembrato delirante tornare ad essere sottoposto a questo tipo di disciplina. Ora invece non solo mi sembra normale ma addirittura desiderabile. Mi rendo conto in questo momento che purtroppo i due anni passati vivendo solo all’estero avevano insinuato in me un pericoloso senso di indipendenza. Di fatto il mio comportamento era divenuto indocile e ribelle e caratterizzato da una sistematica indisciplina verso me stesso e i miei genitori.

Ora invece, per fortuna, le cose sono tornate ad essere normali. Ieri sera, per esempio, mio padre mi ha picchiato per essere rientrato tardi. Appena entrato in casa, mi ha preso per un orecchio e mi ha trascinato nella dispensa. Dopo aver chiuso la porta mi ha abbassato lui stesso i pantaloni e le mutande e mi ha fatto piegare a pancia in giù sul tavolo. Poi si è sfilato la cintura dei pantaloni. Improvvisamente mi sono ricordato le mille volte che mi ero trovato in quella posizione, aggrappato al tavolo, nudo dalla vita in giù e pronto per essere frustato. Mi ha punito a dovere. D’improvviso ho udito un sibilo e subito dopo lo schiocco umiliante della prima cinghiata sulle natiche nude. E per i successivi quindici minuti, con calma, metodicamente, mio padre mi ha frustato il culo di santa ragione. Alla fine le mie natiche e le mie cosce erano letteralmente in fiamme e mio padre mi ha ordinato di rimettermi in piedi, in un angolo della dispensa colla faccia al muro, come sempre accadeva al termine delle mie punizioni.

E come sempre era accaduto fino a due anni prima, mi sono dovuto dirigere verso l’angolo colle mani a coprirmi il pube; perché come sempre, mentre mio padre mi picchiava, il mio cazzetto si era fatto durissimo. E come sempre, quando mio padre se ne é uscito ho cominciato a spararmi una sega pensando a quello che era appena successo. Con gli occhi chiusi ho preso a toccarmi il cazzetto: pensando all’umiliazione che avevo appena subito, risentivo nelle orecchie gli schiocchi umilianti delle frustate e il loro bruciore sulle mie chiappe nude che traballavano arrossite e gelatinose sotto il morso dello staffile e sono tornato a provare gli stessi brividi di piacere di due anni prima. Pensavo che, a differenza dei miei amici, a 31 anni io ero ancora obbligato a denudarmi per essere frustato da mio padre. Pensavo che finalmente ero di nuovo a casa, di nuovo sottoposto alla disciplina di mio padre e mia madre, di nuovo sottomesso all’umiliazione della frusta.

E sono venuto, sporcando oscenamente il muro di sperma.

* * *

Alcune considerazioni. Ho detto che sento giusto e desiderabile il fatto di essere ancora punito colla frusta. E’ perché due anni solo mi hanno confermato ciò che già sapevo: che il mio carattere é debole, bisognoso di una guida sicura e, soprattutto, severa. Sono stato cresciuto per obbedire e sono sempre stato castigato duramente quando non l’ho fatto. Sono immaturo, e la decisione migliore per me l’hanno presa alcuni mesi fa ancora una volta mio padre e mia madre, obbligandomi a continuare a vivere con loro. A questo si aggiunga che essere sottoposto a punizioni corporali mi eccita: quando mi annunciano una punizione il cazzetto mi diventa duro all’idea che di lì a poco striscerò nudo come un verme urlando sotto i colpi di cinghia e pregando mio padre che smetta di frustarmi. Questo perché – ne sono certo – l’educazione repressiva che ho sempre ricevuto mi ha reso masochista. Trovo che non ci sia niente di più eccitante di doversi denudare completamente, inginocchiarsi e presentare le natiche nude al castigo: adoro udire il sibilo della cinghia che fende l’aria e lo schiocco umiliante che provoca sulla pelle nuda e tesa di natiche, cosce e spalle. E faccio apposta a comportarmi male per essere frustato.

L’altro ieri, per esempio, ho lasciato cadere uno dei pacchetti del supermercato; mia madre mi ha sgridato e, davanti a tutti i clienti, mi ha detto che la facevo disperare e che a casa mi avrebbe frustato il sedere nudo a dovere. E quando siamo arrivati a casa mia madre mi ha prima sculacciato e poi fatto frustare da mio padre. Ho dovuto denudarmi completamente e stendermi sul letto, mettendomi un cuscino sotto la pancia perché il sedere rimanesse ben sollevato. Quando ho sentito il fruscio della cinghia di mio padre ho cominciato a roteare oscenamente le anche come una cagna in calore. Poi mio padre ha cominciato a frustarmi ordinandomi di contare a voce alta e di ringraziare ad ogni cinghiata chiedendo che me ne desse un’altra. Già rosse per la sculacciata manuale, le mie natiche sobbalzavano tremolanti sotto le frustate e il bruciore era sempre più forte, così come sempre più duro era il mio cazzetto. Vedevo mia madre osservare compiaciuta la mia punizione e la sentivo dire a mio padre di continuare a frustarmi e di picchiarmi più forte. Ma mio padre non aveva certo bisogno di incoraggiamenti. Quando mi frusta non smette mai fino a quando non mi sente guaire e non mi vede letteralmente ballare sul letto colle natiche striate di colpi.

E sempre senza pietà
E sempre senza pietà

26 ottobre 1990

Mi ricollego all’ultima frase scritta ieri. Dicevo che mio padre mi frusta fino a quando non guaisco. E’ esattamente quello che è successo oggi. Ero in bagno, seduto sul cesso a occhi chiusi, e mi stavo masturbando pensando alla punizione di ieri sera. Ero eccitatissimo: i segni dei colpi erano ancora ben visibili su natiche e cosce e provavo veri e propri brividi di piacere sfregando le une e le altre sull’asse del cesso. Quando d’improvviso si é aperta la porta che nella fretta avevo dimenticato di chiudere ed é entrato mio padre. Io mi sono alzato, col cazzetto ridicolmente duro e la testa bassa, e ho fatto per dirigermi verso la dispensa dove già molte altre volte in passato mio padre aveva cercato di togliermi il vizio di spararmi una sega a suon di cinghiate. Ma mio padre mi ha fermato.

“Resta dove sei. Anzi, mettiti a cavalcioni sul bidè e solleva bene il culo. Stavolta ti strappo la pelle!” Appoggiato al bidè e aggrappato ai tubi dell’acqua ho sentito il suono familiare prodotto dalla cintura che mio padre si stava sfilando. Poi é cominciata la danza. Mio padre mi frustava a colpi lenti ma sempre più forti, intercalando ogni colpo con un rimprovero. Ad un certo punto ho chiuso gli occhi e sono rimasto a godermi quell’umiliazione fino in fondo. Strusciando l’uccello contro il bordo del bidè ad ogni schiocco della cinghia sulle natiche provavo brividi di piacere. Mi misi ad ascoltare attentamente i rimproveri.

“Sei un indecente … SWISHHHSCIAK! … vediamo … SCIACK! SCIACK! SCIACK! … se a suon di … SCIACK! SCIACK! … frustate … SCIACK! SCIACK! SCIACK! … ti passerà il vizio … SCIACK! SCIACK! SCIACK! … di masturbarti … SWISHHHSCIAK! SCIACK! SCIACK! SCIACK! … maiale!”

E a poche frustate dalla fine sono venuto come un maiale in calore, sussultando e riuscendo a far coincidere ogni schizzo di sborra sul fondo del bidè con ogni cinghiata che ricevevo sulle natiche ormai in fiamme. Col cazzetto gocciolante a penzoloni nel bidè ho ricevuto le ultime 20-25 frustate e ogni schiocco sulla pelle nuda riusciva ancora a darmi brividi di voluttà. Nello sporgermi più in alto per offrire meglio le natiche alla cinghia pensavo che generalmente il cazzetto comincia a diventarmi duro ben prima che mio padre inizi a frustarmi. Mi rendo conto che è il solo pensiero delle frustate che sta per somministrarmi che mi eccita: soprattutto mi eccita l’umiliazione tremenda di essere ancora così totalmente sottoposto alla disciplina della sua cinghia di cuoio.

E l’umiliazione gioca un ruolo importante nelle punizioni a cui mi sottomette.

* * *

Ricordo che quando avevo 25 anni, un giorno al mare mi misi a spiare mia madre dal buco della serratura della cabina. Che bella che era mia madre tutta nuda! Con l’occhio appiccicato al buco, la guardavo colla bava alla bocca mentre lei si asciugava quelle grosse tettone e si passava l’asciugamano nel solco delle chiappe sode; e il mio cazzetto si fece immediatamente duro. All’improvviso mi sentii esplodere un ceffone micidiale sull’orecchio destro che mi sconquassò la testa come una cannonata: senza che io me ne accorgessi, alle mie spalle era arrivato mio padre! Mi afferrò per l’orecchio già dolorante e mi schiacciò la faccia contro la porta della cabina. Quando mia madre aprì la porta nell’udire il colpo, mio padre mi trascinò dentro e si chiuse la porta alle spalle. Quando fummo soli nel caldo soffocante della cabina mia madre gli chiese che fosse successo, e mio padre le disse: “Questo brutto maiale! Ti stava spiando dal buco! Ma stavolta gli faccio rimpiangere di essere nato, gli strappo la pelle dal culo! Mettiti nudo!”.

Mi fece togliere il costume e, torcendomi atrocemente l’orecchio, mi fece inginocchiare alle spalle di mia madre che, intuendo il gioco, si chinò in avanti e si spalancò le natiche colle mani. Mio padre, allora, mi spinse la faccia tra il solco delle chiappe nude di mia madre e mi ordinò di tenercela schiacciata contro mentre si sfilava una ciabatta di gomma per picchiarmi il culo. A quel punto mia madre mi ordinò di baciarle l’ano infilandoci la lingua, e mentre lo facevo lei mi afferrò la testa e me la spinse ancora più in dentro e poi tirò una scoreggia. Sepolto nelle chiappone di mia madre, colla bocca e il naso schiacciati contro il buco del culo, mi sentii soffocare. E mentre rassegnato mandavo giù quella bolla d’aria calda e puzzolente, mio padre cominciò a picchiarmi il culo colla ciabatta. Me le diede fino a farmi venire le vesciche sulle natiche. Poi si fermò e mi ordinò di uscire. Uscii colle cosce rosse per i colpi e, uscendo dietro di me, mio padre disse:

“E questa sera a casa te le do colla frusta!”

Vidi i miei amici che ovviamente avevano potuto udire ogni minimo particolare di quella battitura guardarmi ghignando divertiti. La sera, appena rientrati in casa, mio padre mi ordinò di andare in camera mia e di “prepararmi”. Ero stralunato. Ancora. Non avrei mai pensato che quando mi aveva detto che mi avrebbe frustato lo avrebbe voluto fare davvero. E stralunato me ne andai in camera mia. Appena giuntovi mi misi a guardare fuori dalla finestra. Vidi luci, animazione, giovani che parlavano, chiaccheravano e ridevano, dandosi appuntamento per quella sera. E provai un feroce istinto di ribellione, fatto di invidia verso quei giovani così indipendenti e di angoscia, di vero e proprio terrore per la frusta di mio padre. A quell’età, nonostante fossi da sempre abituato ad essere frustato ad ogni più piccola mancanza, non comprendevo ancora la validità morale ineccepibile di quei castighi né ancora avevo sviluppato il sano piacere di esservi giornalmente sottoposto. Per cui l’idea che di lì a poco mi sarebbe di nuovo toccato assaggiare la cinghia sul culo nudo letteralmente mi angosciava, e pensai che quella volta avrei rifiutato di sottomettermi al castigo.

Ma quando mio padre entrò richiudendosi la porta alle spalle, la paura di ricevere una razione doppia di frustate mi ridusse a molto più miti consigli. E quando vide che avevo disobbedito e non mi ero spogliato da solo disse che mi avrebbe somministrato trenta frustate in più. Cominciai a piagnucolare, pregandolo che non mi frustasse. Ma non ci fu niente da fare, naturalmente, e prese lui stesso ad abbassarmi il costume da bagno che ancora indossavo. Quando fui nudo come un verme, mi afferrò per le spalle girandomi colla faccia verso la parete e mi ordinò di inginocchiarmi sul letto, col sedere in aria. Poi iniziò a sfilarsi la cintura dai pantaloni.

Mentre mi abbassavo lo vidi ripiegare la cintura nella mano destra e mettersi di fianco a me. Colla mano sinistra mi afferrò per il collo mantenendomi piegato in ginocchio, e cominciò a frustarmi. Non so per quanto tempo mio padre mi frustò: ricordo solo che mi misi a piangere fin dalla prima cinghiata, più per l’umiliazione che per il dolore. Ripensavo all’umiliazione delle sculacciate in cabina e alle facce ironiche dei miei amici quando ne ero uscito seguito da mio padre che ancora impugnava la ciabatta di gomma colla quale mi aveva appena picchiato. A quel tempo non mi conoscevo bene come adesso e non riuscivo ancora a capire che quelle punizioni erano assolutamente indispensabili.

Quella sera, a quattro zampe sul letto, udivo solo lo schiocco della cintura sulle natiche e pensavo che nessuno dei miei amici veniva frustato alla mia età e che, ancora più probabilmente, nessuno di loro aveva mai dovuto subire, nemmeno da piccolo, l’umiliazione di una battuta colla frusta. Eppure fu proprio quella sera che cominciai ad apprezzare l’importanza di essere disciplinato; e fu perché quella sera, per la prima volta, provai piacere nell’essere picchiato. Mio padre mi stava frustando il sedere nudo come una cavalla, tenendomi inchiodato carponi sul letto colla mano sinistra e cinghiandomi natiche e cosce colla destra.

E ad un certo punto mi accorsi che il cazzetto mi stava diventando duro. Erano le ultime cinghiate, me ne accorsi perché la morsa sul mio collo si andava allentando; e in effetti mio padre mi diede solo altre 10 o 15 frustate e poi si fermò. In quell’istante il bruciore fortissimo delle mie natiche in fiamme cominciò a irradiarsi al mio cazzetto attraverso brividi pulsanti; e senza spiegarmene il motivo provai il desiderio che mio padre ricominciasse a frustarmi subito. E subito gliene diedi il motivo, perché mi rifiutai di alzarmi per andare a mettermi in un angolo colla faccia rivolta alla parete, come sempre dopo un castigo. Ricordo che ero ancora a quattro zampe sul letto, colla testa appoggiata al cuscino e il sedere ancora in aria: udii mio padre dire “che hai detto?” e colla coda dell’occhio lo vidi afferrare la cintura che aveva buttato di fianco a me sul letto dopo avermi frustato.

Mi sentii sollevare di peso per un orecchio e la punizione ricominciò. Tenendomi per l’orecchio sinistro, mio padre mi fece fare almeno dieci volte il giro della stanza a frustate. Saltellando come impazzito per il bruciore delle cinghiate, finalmente mi arresi e mi andai a mettere nell’angolo colla faccia al muro. Mio padre mi ordinò di spingere bene in fuori il culo nudo e mi assestò un’altra ventina di colpi di cinghia sulle chiappe. Ma questo non servì a placarlo, sicché mi disse:

“Visto che le cinghiate normali non ti bastano, domani compro una frusta da carrettiere e comincio ad usare quella! E adesso resta dove sei che per il momento ti frusto colla cinghia dalla parte della fibbia!”

Mi misi a piangere come un isterico, lo implorai che non ricominciasse a frustarmi, ma non ci fu niente da fare. La prima frustata mi mozzò il fiato: la fibbia era andata a schiantarsi con una violenza micidiale sulla mia schiena e le gambe mi si piegarono. Mio padre mi aveva frustato spesso sulla schiena in precedenza, ma non aveva mai usato la cintura dalla parte della fibbia, e quella prima volta fu davvero una tortura. Cadendo in ginocchio, presi a contorcermi sotto i colpi come un serpentello impazzito, urlando come un ossesso e piangendo a dirotto. Ma mio padre non smise di frustarmi finché non mi ebbe fatto la schiena viola.

Ripensandoci ora, quella punizione mi fa sorridere.