Gianna obbedi’, restando in piedi di fianco alla scrivania. – Posso… andare? – mormoro’. Il professore rimase in silenzio per qualche secondo. – Perche’? – chiese poi. – Posso tenerti qui per tutto il pomeriggio. Potrei avere voglia di sborrarti di nuovo addosso. Mettiti li’ nell’angolo, in ginocchio. – Prese le scarpe di Gianna da terra, e gliele butto’ nell’angolo dell’ufficio in cui le aveva detto di mettersi. – Rimettile, – disse. Gianna annui’ in silenzio, indossando le scarpe sui piedi ancora sporchi di sperma. In silenzio, si inginocchio’ nell’angolo, rivolta verso il professore, divaricando leggermente le cosce. L’uomo le diede uno sguardo. Le guance di Gianna erano nuovamente rigate di lacrime. – Ti ho gia’ detto cosa ti succedera’ se continui a piangere. Invece di fare i capricci, tira fuori le tette, e masturbati mentre io finisco di sbrigare la posta. In silenzio, fica e ano. - Si, signore, – mormoro’ Gianna, arrossendo. Si sollevo’ il top, scoprendo del tutto i grossi seni. Quindi, porto’ le mani fra le cosce, la destra alla vagina e la sinistra all’ano, iniziando a toccarsi. Il Pisani abbasso’ lo sguardo al monitor del proprio computer e inizio’ a sbrigare le sue cose, senza degnarla d’uno sguardo. Gianna lo guardava, in docile attesa di ordini, le dita che fottevano lentamente i suoi buchi. Sentiva l’odore dello sperma di Pisani, che le insozzava le dita e le colava lentamente lungo l’interno delle cosce. Per oltre un’ora, resto’ in quella posizione umiliante, continuando a masturbarsi, senza osare raggiungere un orgasmo. Quando il professore ebbe finito quello che stava facendo, sollevo’ gli occhi alla ragazza, appoggiandosi comodamente allo schienale della sedia. - Alcune delle foto che sono finite in mano alla commissione ti ritraggono mentre ti fai torturare i seni, – le disse. – Cosa ti piacerebbe che facessi alle tue tette? Gianna esito’, senza smettere di toccarsi. – Tutto quello che vuole, professore, - mormoro’. - Avanti, suggerisci, – fece lui, guardandola con occhi gelidi. Gianna lo guardo’, tremando. – Potrebbe… legarmele… – mormoro’. – E frustarmele con la cinghia… Il Pisani scosse il capo. – Fatti venire in mente qualcosa di piu’ eccitante. Non vuoi essere la tettona obbediente del tuo professore? - S… si signore, – mormoro’ lei. – Ma… io non so… - Non mi fare arrabbiare, Gianna, per il tuo bene. Gianna arrossi’. L’uomo continuava a fissarla, mentre lei, suo malgrado, si masturbava la vagina e l’ano. – Allora? – insistette lui, con severita’. – Po… potrebbe… – mormoro’ Gianna, – potrebbe… calpestarmele… – mormoro’. L’uomo la guardo’ con calma. – Come sarebbe? - Se… se mi sdraio per terra… bocconi… – mormoro’ lei, arrossendo, – posso… farle sporgere… ai lati… in modo che lei possa… schiacciarle con i piedi… – Mentre suo malgrado proponeva quella tortura al suo aguzzino, la ragazza tremava visibilmente. - Interessante, – disse infine il Pisani, appoggiandole il membro alla bocca, e strusciandole il glande sulle labbra. – E’ questo che vuoi? Ti ecciterebbe farti calpestare le poppe? Gianna lo guardo’ sottomessa. – S… si, signore, – menti’. - Bocconi non mi piace, pero’, – disse lui, – non potrei guardarti negli occhi. Inoltre non ho voglia di alzarmi. Striscia fin qui e vieni sotto la scrivania. Gianna si sposto’, in ginocchio, fino alla scrivania del Pisani. La scrivania poggiava su due larghe assi laterali, che erano unite da un sostegno centrale anch’esso di legno, all’interno del quale correvano le canaline dei fili elettrici. La posizione del sostegno era tale che chi era seduto alla scrivania avrebbe potuto appoggiarci i piedi. Il Pisani guardo’ la ragazza inginocchiata ai suoi piedi. – Puoi appoggiarle li’ sopra, – le disse, indicandole il sostegno. Gianna annui’, obbediente, e appoggio’ i grossi seni nudi sul sostegno. Il Pisani si appoggio’ piu’ comodamente con la schiena alla sedia, e appoggio’ i piedi sui seni della ragazza. – E ora, – disse, iniziando a premere sulla carne di lei, – facciamo due chiacchiere. Ci sono alcune cose che non so di te. Quanti anni hai? - Ventitre, professore, – mormoro’ Gianna, socchiudendo gli occhi per il dolore, mentre lui le schiacciava i seni sempre piu’ forte, aumentando lentamente la pressione. – Sei fidanzata? - Lo… ero… professore… sono successe alcune cose… non so se siamo ancora insieme… - Ma tu sei innamorata di lui? - Si, professore… – mormoro’ ancora Gianna, con le lacrime agli occhi. - Me lo stai facendo diventare di nuovo duro, – le disse quindi, simulando un tono di rimprovero. – Saro’ costretto a fartelo prendere ancora, lo sai. - Si, professore… L’uomo sposto’ i piedi. – Appoggia solo i capezzoli, ora, – le disse. Gianna obbedi’, spostando indietro il busto e i seni, e sistemandosi in modo che solo le estremita’ dei seni e i capezzoli poggiassero sul sostegno. Pisani attese che lei si fosse sistemata, e sollevo’ di nuovo i piedi, schiacciandole questa volta i capezzoli. – Tiramelo fuori e masturbami, – le ordino’. Gianna allungo’ le mani, slacciando i pantaloni del professore, socchiudendo gli occhi per il dolore mentre lui di nuovo aumentava lentamente la pressione delle suole sui suoi delicati capezzoli. Quando l’ebbe tirato fuori, inizio’ a massaggiarlo lentamente. - Ora avvicina la bocca piu’ che puoi, e fai una bella “O” con le labbra. Gianna si chino’ in avanti, gemendo di dolore, i seni inchiodati al sostegno dalla crudele pressione delle suole del Pisani. Atteggio’ le labbra nell’umiliante espressione che il professore le aveva chiesto, l’espressione di una bambola gonfiabile. - Voglio che mi masturbi, ma tienilo orientato in modo che i miei schizzi centrino quella boccuccia da troia. - Si… professore… – mormoro’ lei, senza muovere le labbra. Inizio’ a far scorrere la mano sul membro eretto dell’uomo. - Non ti permettero’ di pulirti, quindi e’ nel tuo interesse che tu riesca a centrarti la bocca. Gianna annui’, avvicinandosi ancora e prendendo a masturbare freneticamente l’uomo. Il Pisani la guardava e strusciava i piedi sul sostegno, tormentando i capezzoli della ragazza in quel modo sadico. Lei lo prese con due mani, massaggiandolo vigorosamente, il volto proteso verso quel membro turgido, la bocca aperta e pronta a ricevere lo sperma del professore. Un paio di volte, l’uomo le prese il capo, allentando la pressione sui seni, tirandola verso di se’ e infilando il glande nella “O” formata dalle labbra di Gianna, per poi schiacciare con piu’ forza i seni di lei, costringendola a ritrarsi. Infine, venne per la terza volta. I primi due schizzi, meno abbondanti dei precedenti, finirono direttamente nella bocca di Gianna. Solo il terzo, piu’ debole, la colpi’ sul mento. Lui le sorrise, e sposto’ i piedi per darle liberta’ di movimento. La ragazza si chino’ in avanti, con i seni arrossati e dolenti, e gli ripuli’ il membro con cura con la bocca. Quando ebbe finito, il Pisani si riallaccio’ i pantaloni. - Puoi rivestirti e andartene, adesso, – le disse. – Ci vediamo domani mattina. Passerai dal mio ufficio alle otto e trenta per indossare gli abiti che la commissione ha scelto per te, ma ricordati di farti trovare con calze e tacchi alti. - Si, professore, – mormoro’ ancora lei. Nonostante il dolore e l’umiliazione che l’uomo le aveva procurato, si constrinse a ringraziarlo. In preda all’imbarazzo e alla vergogna, si rivesti’ in fretta. Aveva i vestiti, le calze, il viso e le mani sporche di sperma, ma sapeva che non le sarebbe stato concesso di pulirsi.